E’ arrivato il momento di presentare il Calendario 2025, giunto al 17° anno, sempre dedicato alle Dolomiti e alle cime prossime geograficamente.
Il formato è lo sempre lo stesso di questi ultimi anni, che coniuga tutte le richieste: spazi per scrivere, l’indicazione delle lune, il formato verticale per permettere di trovare più facilmente lo spazio dove appenderlo. Dimensione 29,7 (larghezza) per 42 cm (altezza) E’ formato di 13 pagine, che permettono a fine anno di poter tagliare le singole foto e utilizzarle per farne quadri o altro.
Le foto presenti vi accompagneranno tutto l’anno sulle cime Dolomitiche con i più suggestivi panorami. Il richiamo delle Dolomiti è una medicina che cura l’animo delle persone!!
Il costo del calendario è di 11 euro. Se possibile consegna a mano ben volentieri (prossimamente sarò nelle zone di Venezia, Treviso, Padova, Vicenza e Udine), altrimenti spedisco con SDA al costo di 9 euro. Per più copie contattami
Partenza: zona parcheggio prossima al divieto di circolazione quota 1170m circa
Tappa 1: Rifugio Scarpa 1735m, circa 1h15’
Tappa 2: Bivacco Biasin 2650m, circa 4h per la via normale dal Rifugio Scarpa
Tappa 3: Cima Agner 2872m 45’-1h dal Bivacco Biasin
Rientro dal Bivacco al Rifugio Scarpa per via del Canalone: 3h
Difficoltà: EEA
Attrezzatura: da escursionismo, kit da ferrata completo con caschetto, pantaloni lunghi, scarpe con suola super aderente
Nota: salita da effettuare con condizioni meteo asciutte. Presenti placche di roccia che poco in salita, molto in discesa possono dar adito allo scivolare, sia nella parte verso la cima e soprattutto in discesa lungo la via del canalone.
Si parte dall’area di parcheggio prossima al divieto d’accesso, seguendo la strada forestale che prende il nome di sentiero 771. Dopo il primo tornante e a metà circa del primo rettilineo si può prendere la scorciatoia a destra e tagliare così una parte della strada. Di queste scorciatoie se ne incontrano ben altre fino al capitello con croce a 1488m, oppure si può seguire la strada forestale pedissequamente. Dal Capitello si può tagliare il percorso e seguire la traccia presente sul ripido pendio erboso, una volta disceso in inverno dagli sciatori, o seguire ancora una volta la più dolce strada forestale, che in parte attraversa il bosco, con refrigerio dell’ombra dalla calura estiva.
Da qui prendo il sentiero 769 Miniussi per salire al Bivacco Biasin per il sentiero normale. Questa scelta l’ho fatta poiché ho uno zaino estremamente pesante e cerco un pendio parzialmente meno ripido. La segnaletica presente ai piedi della stradina di accesso al Rifugio è un po’ equivoca. Si notano 4 sentieri con indicazioni per tre vie. Manca qualcosa …. Il nostro sentiero è quello che passa alla destra della Malga, segnato da un basso paletto con bordo superiore rosso. Seguiamo il sentiero, dolce, anche in discesa per un breve tratto. Si va via veloci, si segue la segnaletica ben presente per sentiero Miniussi e Normale Cima Agner. Poco sopra i 1800m di quota il sentiero per la normale all’Agner si divide dal sentiero Miniussi sopra un terrazzo erboso.
Tutta la normale da ora in poi è contraddistinta da bollature in colore giallo. Si segue il sentiero per la normale in mezzo al pendio per ora verdeggiante e riposante. Si prosegue in linea obliqua in salita per andare a prendere una linea di cresta che segue parallelamente i grandi campanili (Pilastro De Col e Pilastro Paolo) che si sviluppano sotto all’Agner nella dorsale sud e che culminano nella Cima del Becco dell’Aquila 2506m. Qui dopo un primo cammino a zig zag sempre su traccia chiara e su terreno erboso, si comincia a risalire la lunga cresta, portandosi ora a est, ora a ovest. Il sentiero si alza con pendenza ora importante ma sempre spezzettata da questo incedere a cavallo della cresta, da dove talvolta si scorge il Bivacco. Ricordo solo un punto che mi ha messo un po’ in apprensione per la eventuale discesa, laddove circa a quota 2350m ho dovuto risalire un masso con una forte esposizione dietro. Per il resto questo tracciato, duro, faticoso, ma non ha presentato alla mia percezione difficoltà. In qualche caso ricordo salita su brevi lastre di roccia. Le condizioni climatiche perfette mi hanno assicurato una tenuta ideale degli scarponi sulle placche ripide.
Conclusa la risalita della cresta si punta verso il Bivacco Biasin, in un traverso ben segnato e senza complicazioni perché è tutto asciutto. Sempre piede fermo e deciso e si perviene al bivio con il sentiero attrezzato del Canalone a quota 2450m Da qui mancano 200m. La traccia ora diventa bollata rossa. Si continua per interminabili salti di roccia, attenzioni ai sassi sui lastroni, pendio scosceso in salita, assolutamente scostante in discesa. Il pendio non cede di un grado, continua con la stessa pendenza. Guadagnamo alla fine l’agognato Bivacco alla quota di 2650m, erroneamente segnato sulla targa a 2700m.
Il Bivacco è di quelli tipici delle Dolomiti a capotta di colore rosso, da nove posti. All’interno qualche cuscino e qualche coperta che consiglio di non usare. Ho sbattuto fuori il materassino dove ho dormito perché sporco, perfino un’unghia e l’ho girato. Sull’altro lato era pulito, solo qualche segno di ruggine della rete. Non ho trovato campo telefonico al Bivacco (ho TIM e ILIAD).
Si prosegue per la vetta; è d’uopo una premessa. Mentre mi stavo riposando al bivacco rientra dalla salita Paolo del CAI di Conegliano. Mi racconta del suo fastidio per la salita in taluni punti esposta e non protetta. La mia sensazione a posteriori invece è stata del tutto tranquilla e non vi avevo visto nulla, ho considerato il tutto abbastanza facile. Poiché sono salito anche l’indomani mattino, devo dire che la seconda volta ho trovato il percorso un po’ più complicato e non poi così facile. Morale: la percezione di facile o difficile è personale, dipende dalla propria abilità e agilità, e quanto mai relativa al proprio stato d’animo.
Dietro al Bivacco parte subito un primo stacco di corde metalliche. Con passo deciso si punta il piede sinistro su un piccolo scalino e ci si alza prendendosi alla corda. Piccolo tratto di traverso con piedi ben appigliati e si sale un saltino di roccia più facilmente sulla destra. Si procede 5 m a sinistra, altra corda che aiuta ad attraversare un angolo di roccia esposto. A questo punto si nota subito a sinistra una piccola piazzola dove sedersi e prendere coraggio …. e campo telefonico TIM. Si vede la Torre Armena con le sue bellissime forme. Il percorso continua in leggera ascesa con il cavo che poi asseconda la parete di roccia e si sposta a sinistra. Segue un traverso senza protezioni ma sufficientemente largo da passare con sicurezza e tenendosi sempre con la mano destra sulle rocce. Saranno circa 8m di traverso e quindi ci si alza di 3 metri su ben appigliato canalino di I°, non prima di aver osservato il masso incastrato tra due contrafforti.
Inizia ora uno strano tratto in discesa di pochi metri sempre ben protetti dalla corda metallica, che aiuta e semplifica la gestione dell’incedere. Seguendo il percorso attrezzato si perviene ad un ampio di direzione ora a sinistra ove vi è anche lo spazio per sistemarsi e prendere qualcosa da mangiare. Pochi metri in leggera salita e si perviene ad un cambio di direzione, ora a destra con corda, due brevi spezzoni. Cominciano due lastre di roccia in sequenza, la prima l’ho trovata umida in parte. Via la prima rampa, via la seconda leggermente con maggiore pendenza e piuttosto levigata (in discesa ho cercato i punti dove far tenere la suola dello scarpone).
Si piega a destra e compare l’inquietante crepaccio che caratterizza la salita alla cima. Rispetto al passato il tratto è stato attrezzato, chiodo prima e corda ….. Si salta agevolmente e si risale il pendio piuttosto accentuato e attrezzato. Si perviene a un pulpito dove una apparente zona quasi pianeggiante appare ….. figuriamoci, un basalto dove prendere fiato per chi perviene dalle incredibili scalate sulle pareti dell’Agner.
Qui si procede a destra come indica una evidente freccia su una paretina di I°+, si aggira all’esterno un ostacolo e si trova l’ultima corda un po’ zig zag, caratteristica perché si chiude su un masso prospiciente verso il basso. Lo si supera tranquillamente sulla sinistra. Ora inizia la cresta sommitale, che si articola tra sfasciumi vari, salti di roccia sul I° o poco più, sempre da fare con attenzione per il briciolino presente sul terreno. Da qui gli ultimi 100 m sono senza un vero problema di esposizione, se non quella naturalmente dovuta al superamento dei vari salti di roccia. Dopo circa 50-55 minuti dalla partenza dal Bivacco si perviene alla meritata cima, dove all’interno di una cassetta metallica è presente il libro di vetta con vetta. Più sotto alla vetta in direzione sud, per tranquilla traccia si perviene alla croce, lì installata dagli Alpini nel 1973.
Il ritorno al Bivacco si effettua per la medesima traccia dell’andata, ma con maggiore attenzione a non scivolare sul ripido pendio su sassolini e altro. In questa zona non ho portato per agevolarmi le racchette, ma non avrebbero guastato, anche se per i continui cambi di tipologia di pendio, a volte traccia, a volte salto sui massi, spesso risultano un impiccio.
Dal Bivacco scelgo la discesa per il canalone …. non l’immaginavo così stancante.
Come detto in precedenza, la discesa tra sentiero del canalone e normale sono comuni fino a quota 2450. Qui il sentiero del canalone piega a destra. Mi potevo immaginare sarebbe diventato un sentiero percorribile tranquillamente, come avevo visto dall’alto dove avevo scorto taluni scendere agevolmente …. ma ben più in basso. Nulla di più falso. Tutto il tratto iniziale, e oltre del canalone è su pendenza elevata su fondo di roccia. I piedi sono sempre in tensione alla ricerca dell’aderenza. Le racchette vanno puntate nel posto giusto dove non possano scivolare. Dal Bivacco è tutta così, fino alle prime corde a 2350m. Qui sono presenti delle corde che facilitano il superamento di una placca di roccia su pendio maggiore della media. Si percorre ancora il sentiero, per quello sempre ben segnato, con svariati salti, uno tra i quali di un tre metri, pressoché verticale ma ben appigliato. L’ho guardato e riguardato, ma secondo me era più un II° grado che un I°+. Si perviene finalmente ad un tratto in cui è presente un sentiero che assomiglia realmente a qualcosa di percorribile senza troppa fatica. Ma dura poco. Si perviene su un pulpito verdeggiante circa a 2250m ove si trova il sentiero attrezzato e le prime corde per chi scende. Inizialmente non c’è nulla di particolare, si scende agevolmente. Questa impressione dura poco. Altro punto in cui dall’alto vedo un anello di acciaio agganciato alla roccia. Capisco che serve per appoggiare il piede. Mi impapino un po’ scendendo, mi aggrappo con il braccio al chiodo che mi sta sulla sinistra, non trovo l’appiglio migliore dei piedi, finché trovo la combinazione e l’appoggio per il piede destro sull’anello, così supero la difficoltà.
Più sotto altre code quasi di traverso portano in testa a un ghiaione che più friabile non si può. Qui è un continuo “metti via le racchette”, “tira fuori le racchette”. Supero il ghiaione puntandomi sempre bene con le racchette. Altre corde che seguono un intaglio in discesa e un altro anello dove appoggiare il piede. Qui si va via lisci. Ho in mano le racchette, le lancio al di sotto perchè mi sono di impiccio.
Da un po’ si vede il nevaio sotto, ricco di buchi e altro. Noto uno spessore in taluni punti di più di 2 metri. Davvero notevole a questo punto della stagione e a questa quota. Con attenzione seguo le ultime corde, prima di traverso con leggera pendenza verso il basso poi sempre più giù …e il nevaio è sempre più vicino …. ultime due corde di traverso sull’ultima placca che mi consegna sul nevaio, assolutamente duro nonostante l’ora (circa le 11,30) scendo con cautela e arrivo sul comodo sentiero 700. Da ora in poi è un gioco da ragazzi, arrivo tra lussureggiante vegetazione al Rifugio Scarpa esausto e avendo esaurito completamente l’acqua che avevo.
Dal Rifugio Scarpa con tutta tranquillità riprendo la strada per il parcheggio, questa volta taglio alla grande e mi lancio dai pendii della vecchia pista, raggiungendo velocemente il capitello a 1488m dove c’è anche una fontana d’acqua. Da qui ritorno velocemente all’auto.
Considerazioni: percorso per le mie capacità fattibile; decisamente preferibile la normale al Canalone, molto più semplice anche se più lunga …. ma credo che la lunghezza si recuperi nel tempo.
Avevo cercato qualche relazione prima di partire. Devo dire che non ci avevo capito niente. Troppo sbrigative e poco dettaglio. Non parliamo dei video di un paio di YouTuber ….. approssimativi, sembra tutto facile, non si soffermano sui punti più pericolosi. Sicuramente non hanno la velleità di essere delle relazioni, ma d’altronde, descrivono il percorso e la gente li prende come esemplificativi delle difficoltà che il tracciato presenta. Nulla di più falso. Da quei video sembra tutto sommato che la salita sia abbastanza semplice. Le riprese sono fatte sempre nei momenti più spettacolari, ma non significativi delle difficoltà che si incontrano. E allora ? Certi video dovrebbero avere delle informazioni all’inizio e alla fine : – Il video non è rappresentativo delle difficoltà del percorso :-
Spero con questo testo e con le foto che riporto di poter dare un’idea del percorso. Purtroppo non ho foto del canalone perchè avevo finito la batteria dei telfoni e la macchina fotografica l’ho riposta in zaino per essere più libero nei movimenti …. e ho fatto bene!!
Il 2022 è stato un anno caratterizzato dal caldo torrido di un’estate senza acqua. Ottimo spunto per dedicare il calendario Dolomiti 2023 all’acqua, dolomitica ovviamente. Ho cercato luoghi noti, meno noti e mi sono soffermato sui particolari, i flutti fluenti dell’acqua senza tralasciare le grandi cascate, come la Principe Umberto in Val di Piero. Tra l’altro proprio in questi giorni ho saputo che la cascata Principe Umberto in realtà si chiamava Principe Amedeo a fine 800.
E’ nata perciò questa idea, di legare la montagna a un elemento di mare, così importante, l’acqua!!
La stampa del calendario è sugli stessi livelli qualitativi degli anni scorsi, decisamente ottima. Sono 13 fogli in carta da 200gr/m2. Vi è anche uno spazio per scrivere come da mio clichè.
Il costo è di 10 euro a copia, mentre per 3 copie o più si scende a 9,5 euro a copia.
E’ possibile la consegna a mano, per evitare costi di spedizione. Contattatemi, sarò per motivi di lavoro in molte zone d’Italia prossimamente, Torino, Milano, Pesaro Urbino, Ferrara oltrechè in Veneto.
21 Dicembre 2024, mi viene l’idea di tornare su un sentiero ben conosciuto. E’ nevicato qualche giorno prima, devo quindi cercare un percorso che non mi complichi la vita su pendii improbabili.
Salita alla Forcella Valmaggiore, m 2180
Partenza: zona parcheggio prossima al Rifugio Refavaie (1102m)
Sentieri: 335
Difficoltà: E
Attrezzatura: da escursionismo, pantaloni lunghi, consigliate racchette. Effettuata in inverno
Dislivello complessivo: tra i 1050
Tempo standard: 2h 30′
Scelgo quindi di andare in Vanoi e partire da Refavaie. All’inizio sono incerto se salire verso Cima Paradisi o la Forcella Valmaggiore. Parto subito con ramponi ai piedi. Sono utili, mi consentono di camminare con presa e sicurezza. Si parte prendendo il sentiero sul lato destro del Rifugio Refavaie, seguendo l’indicazione dei segnavia. Dopo poco si ritorna sulla strada forestale, si prende a destra, si passa davanti alle cabine dell’acquedotto, e poco dopo prendo la scorciatoia sulla sinistra che sale più ripida. Cinque sei tornanti e si torna sulla strada forestale incrociando un capitello.
Traccia del percorso; la linea diritta in basso sulla destra è un errore di registrazione del GPS
La strada forestale è parzialmente ghiacciata, ma questo ben si sapeva, è una costante. E’ lunga, noiosa, dal pendio dolce, si cammina tanto e si fa poco dislivello. Si passa il primo bivio per malga Laghetti; mi accorgo (non era difficile) che vi sono alcune tracce di un paio di persone.
Al bivio tra Cima Paradisi e Forcella Valmaggiore le tracce continuano per quest’ultima. Le seguo e quindi decido di andare su alla Forcella Valmaggiore. Una scelta conservativa, spero così di trovare la traccia battuta, se non tutta, almeno in parte e che mi sia di aiuto.
Poco dopo questo bivio ne trovo un’altro, quello tra i sentieri 335 (il mio) il 339 che va verso forcella Coldosè. Il sentiero 335 è ampio, con pendio medio, in qualche punto con maggior pendenza, in qualche altro meno. Mi par di dire delle ovvietà, la montagna è così. Neve ce n’è poca, qualche leggero corso d’acqua attraversa il sentiero. A quota 1700m raggiungo i ruderi della malga Coltorondo.
Continuo, le indicazioni danno forcella Valmaggiore a 1h20′. Tutto procede tranquillo fino al Pian delle Belle Fior, posto circa a 1950m.
Qui il terreno è in leggerissimo pendio, scoperto, e il manto di neve si fa più presente. Si comincia ad affondare e avanzare diventa più difficile e lento. Seguo le tracce, ma non sono di grande aiuto, non c’è ancora un comodo canale nella neve. Passo questa prima piana, il sentiero prende alcuni tornanti e mi porta una cinquantina di metri più in alto.
Altra spianata, avanzo affondando nella neve e mi avvicino all’ultima asperità. Sono circa 200m di salita, con forte pendio e neve fresca.
Arrancando nel pendio e tra la neve fresca cerco le migliori traiettorie e di evitare buche con neve ventata . Procedo a zig-zag, altre volte vado su diritto per diritto …… cerco le zone con neve sporgente dove non affondare. Dopo non poco “ravanamento” esco in vista della Forcella. La neve è stata lavorata dal vento, assume forme particolari.
E’ ben freddo, in forcella spira un forte vento, mi riparo un po’ in bivacco e poi riprendo la discesa dopo aver fatto qualche foto in zona e in particolare verso il Catinaccio.
Rientro con molta calma, effettuando qualche foto e fermandomi lungo i corsi d’acqua. Per le 16,30 sono all’auto, essndo partito circa alle 9,15, e arrivato in forcella attorno alle 13
Vuoi vedere l’elenco delle mie escursioni? A questo link è presente
Di seguito presenti 3 serie di foto dell’escursione
7 dicembre 2024, trovo una giornata per andare a fare un giro. Mi farà sicuramente bene, almeno per mantenermi un po’ in forma. Sono almeno due settimane non esco, e il lavoro troppo stanziale mi dà da pensare. Dove andare? Mi vini in mente una casera di cui spesso sento parlare dagli escursionisti più smaliziati, e che io stesso da oltre 10 anni ne conosco la esistenza. Ma non ci sono mai andato ….. si va!
Salita alla Caserà Vescovà, m 1862
Partenza: zona parcheggio prossima alla fermata dell’autobus località “La Pissa”, tra la Stanga e la Muda in strada Agordina, quota circa 460m
Tappa 1: Rifugio Bianchet, 1245m, 2h30′
Tappa 2: Caserà Vescovà, 1862m, ulteriori 2h30′
Tappa 3: Forcella La Varetta, 1704m ulteriore 1h20′
Rientro al Rifugio Bianchet e quindi al parcheggio di partenza
Sentieri: 503, 536, 514, 518 e rientro 503
Difficoltà: EE
Attrezzatura: da escursionismo, pantaloni lunghi, consigliate racchette
Dislivello complessivo: tra i 1750-1800m di dislivello (saliscendi continui)
Si parte dalla Strada agordina, località “La Pissa”, poco prima della fermata dell’autobus
L’inizio è caratteristico per una rampe di scale di cemento che si inerpica partendo da una rientranza della strada e qui si trova l’indicazione del segnavia 503 per il Rifugio Bianchet. Il primo tratto di sentiero fino a 700m di quota è impervio, con ripido pendio e qualche salto tra radici massi.
Si perviene così alla strada forestale che parte dalla località Pinei. Da qui fino al Bianchet il sentiero è quindi una strada forestale a ciottoli ben grossi dove si cammina in modo confortevole con calzature pesanti. La strada prosegue tra lunghi rettilinei e tornanti in sequenza con pendii leggeri. Dai 900m circa inizia la possibilità di qualche scorciatoia, ben visibili, che accorciano decisamente il percorso. I boschi della zona sono ricchi di foglie cadute, gli scarponi si immergono nel soffice manto delle foglie secche. La strada forestale continua in salita fino a 1120m di quota, da qui inizia un tratto in leggera discesa di una cinquantina di metri. Riprende a salire dopo il ponte sul torrente. Si continua sempre su strada forestale con bassa pendenza e un centinaio di metri in linea d’aria prima di arrivare al Bianchet si prende il sentiero 536 che porta a Casera Vescovà. Il sentiero, inaspettatamente, scende in modo ripido verso il torrente. Circa 100m di discesa fino all’alveo del torrente. Qui la traccia si perde. Bisogna a intuito cercare le segnaletiche pur presenti, scendendo di una decina di metri verso valle e incrociando sulla sponda opposta, dopo alcuni tronchi divelti, una indicazione per la casera.
Da qui inizia la lunga salita. Salendo nel primo tratto fino all’imbocco del 536 mi chiedevo dov potesse inerpicarsi il sentiero. Ora comincio a vederlo …. a intuirlo direi. Il pendio ora è ben accentuato, il piede deve essere ben fermo sui quei pendii così anche scivolosi sul fondo di foglie. A quota 1300m circa accade una cosa strana. Il sentiero prosegue con tornante sulla destra e segnaletica indica il mio sentiero di salita, ma dall’altro lato il sentiero scende ….. ricordo di una indicazione anni fa che partiva proprio dal ponte a quota 1070m. Credo che quella diramazione che scende vada proprio lì . Continuo con passo lento ma regolare. Arrivo sui 1450m di quota in un punto ove scollino, poco oltre un vecchio ponticello.
Qui, in zona all’ombra, trovo la prima neve. Trovo anche il primo camoscio, probabilmente anziano, la sua corsa è lenta e pesante.
Proseguo, il sentiero è chiaro e non presenta difficoltà. Il panorama in taluni punti inizia ad aprirsi sul Burel. Il percorso è comunque lungo, sembra di non arrivare mai, o sono io che vado piano. Intuisco in alto la fine della salita e l’arrivo alla casera … nulla di più falso.
Arrivo finalmnte circa a quota 1750m e il panorama si apre. Di fronte a me le propaggini della Grande Talvena. La giornata è grigia, l’erba gialla del colore dell’autunno. Intravvedo ora la meta. Si procede per prati. L’erba è bassa, ma d’estate deve essere ben alta. Il sentiero si intuisce, ma a questo punto non è un problema, si potrebbe precedere ad intuito. Si procede per zig zag, poi un lungo traverso, ulteriore zig zag e si guadagna il pulpito della Casera.
Branchi di camosci si aggirano sui pendii più alti, li vedo. Entro nella casera. Ci rimango una mezz’ora, mi guardo in giro. Velocemente riprendo. Decido di continuare per la forcella La Varetta e quindi di rientrare in discesa verso il Bianchet. Il sentiero continua dopo la Casera senza segnaletica, si sa …. di qui passano solo escursionisti avvezzi alle alte quote, coloro che non abbisognano di continue indicazioni. La traccia è lieve ma chiara, la seguo. Si va in discesa di una quarantina di metri, poi si risale fino a 1923m, la quota più alta del giro. Di qui inizia una lenta discesa verso la Casera La Varetta, solcando aerei prati e dolci pendii. La casera La Varetta è alquanto malconcia, passo via veloce, la forcella è lì vicino.
Da qui inizia un tratto continuo di saliscendi di traversi sul fondo valle. Sono anche deliziato da qualche scorcio di sole che mi riscalda un po’. Raggiunto il bivio tra il sentiero 518 e 514 si scende con decisione verso il Bianchet. Nonostante cerchi di accelerare il passo, non arrivo mai alla meta. Entro nel bosco, si scende sempre con traccia ben segnata, e l’ultimo pezzo risulta quasi in piano. Arrivo così finalmente al Bianchet, sono le 15, 50. Mi resta poco più di un’ora per il rientro all’auto che completerò senza problemi, alla luce della frontale da quota 700m in giù.
Accedi alla pagina contenente tutte le relazioni divise per zona geografica LINK
Qualche anno fa avevo il progetto di realizzare un libro di sentieristica dedicato al Catinaccio. L’ho passato in lungo e in largo, dal 2014 al 2022 ho effettuato 90 escursioni, toccando tutte le cime alla mia portata di livello escursionistico.
L’esperienza nella pubblicazione di libri mi ha fatto perdere l’entusiasmo: non se ne ha alcun ritorno; gli editori non comunicano mai le royalty che devono dare, bisogna sempre sollecitarli, ritorno pubblicitario praticamente nullo. Inoltre il libro cartaceo è limitato, il numero di foto non può essere esaustivo a spiegare il percorso che si va a descrivere, non è aggiornabile se una frana modifica un sentiero. A volte invece è bello anche aggiornare una relazione nei tempi postumi
Ho quindi deciso di proporre pian piano tramite questa pagina web le relazioni delle mie escursioni, che rispetto ad un libro diventano anche più dinamiche e sono modificabili . L’idea è di portare qui nel web, con accesso tramite questa pagina, tutta la mia conoscenza sentieristica del Catinaccio, nonchè le immagini a supporto delle descrizioni.
Questo progetto è aperto: se qualcuno desidera trasmettermi sue relazioni, le inserirò ovviamente riportando in modo visibile il nome dell’autore.
Al momento ho sviluppato le descrizioni riguardanti la zona Antermoia, Gardeccia Vael con esclusione della ferrata del Majarè
1) Da Campitello sentiero 532, direttrici principali per Val Duron, Vallon d’Antermoia e Rifugio, RifugioAlpe di Tires
a. Parcheggio gratuito a quota 1500m in zona prossima al divieto d’accesso, altrimenti in paese a 8 euro al giorno
b. Esiste Navetta a pagamento fino al Rifugio Micheluzzi, da cui inoltrarsi nella Val Duron per una delle due scelte
2) Da Fontanazzo sentiero 577, direttrici principali per Val di Dona Rifugio e quindi prosegue per Antermoia, Val Duron o Val Udai
a. Parcheggio gratuito a quota 1400m pochi posti
b. Accesso diretto a sentiero no navetta o altro
3) Da Mazzin sentiero 580 direttrici principali per accesso a Val Udai e quindi prosegue per Vallon d’Antermoia, Val Duron o Val di Dona. Anche alternativa per Sentiero Paola e salita a Crepe di Lausa
a. Parcheggio gratuito a quota 1350m
b. Accesso diretto a sentiero, no navetta o altro
4) Da Muncion sentieri 546 o 579 direttrici principali per sentiero 546 accesso a Gardeccia e Valle del Vajolet, per sentiero 579 accesso a Val Udai e proseguendo Antermoia, Val Duron e Val di Dona, o ancora sentiero Paola con direzione Crepe di Lausa e Passo di Lausa
7) Da Passo di Costalunga direttrici principali per zona Rifugio Roda di Vael, sentiero 558 per Rifugio Paolina e oltre per Rifugio Fronza alle Coronelle
9) Seggiovia Laurin II per Rifugio Fronza alle Coronelle direttrici principali per sentiero 550 per Passo delle Coronelle e Valle del Vajolet, Sentiero 542 per Ferrata Santner al Passo Santner, sentiero 549 per Rif. Paolina
a. Parcheggio gratuito
b. Accesso diretto sentiero 2C per rifugio Fronza 2339m, Seggiovia porta al Rifugio Fronza alle Coronelle, costo A/R 14 euro anno 2020, partenza da quota 1743 m
10) Da Passo Nigra direttrici principali per Sentiero 7 per Malga Costa/Hanicker e oltre per Forcella Palavacia, Sentiero 1 per Rif. Fronza
a. Parcheggio gratuito quota 1668 m
b. Accesso diretto a sentieri, no navetta o altro
11) Da Bagni di Lavina Bianca direttrici principali per . Sentiero 2 Barenfalle per Sciliar/Rifugio Bolzano, Sentiero 3 per Valle del Ciamin con bivio per Rif. Bergamo o Rif. Alpe di Tires, sentiero 4a per Rifugio Monte Cavone
a. Parcheggio gratuito quota 1200m
b. Accesso diretto a sentieri, no navetta, altro
12) Da Altopiano di Siusi direttrici principali per Sentiero 1 per Rifugio Bolzano o alternativo sentiero per Rif. Alpe di Tires
a. Parcheggi vari, quota 1900m circa a pagamento, orari limitati
Parcheggio P1 gratuito 1700m Parcheggio P2 a 17 euro giorno 1900m
b. Accesso a sentieri con seggiovie a pagamento Da parcheggi accesso a piedi ai sentieri
In una bella giornata di sole, il 20 marzo 2024, quando la neve è tanta già dai 2000m di quota, m’immagino di immergermi in un ambiente ricco di fascino, cime attorno a me e di affondare nella neve immerso nella luce.
E in quale ambiente poter trovare tutte queste condizioni?
Sicuramente le Dolomiti offrono molte location con queste caratteristiche, io ho scelto di andare in un luogo ben noto, la Val Canali, nel Gruppo delle Pale di San Martino.
Siamo nella seconda metà del mese di marzo; mi trovo già un problema. La strada che si inoltra nella Val Canali ddal Parcheggio del Cant del Gal è chiusa per lavori. Devo partire quindi dal Cant del Gal e farmi un buon chilometro in più sulla strada asfaltata.
Il bello dell’inverno è che o si è costantemente sul luogo e se ne conoscono bene le condizioni, oppure ogni vita è una sorpresa: non sapere da che quota si trova la neve, se nei primi tratti ci sarà ghiaccio e quanta neve trovare in quota! Parto equipaggiato di ciaspe, Arva, pala …. crema e occhiali da sole!!!!
Parto e dopo aver passato la sbarra della Val Canali comincio a vedere l’obiettivo. Ancora non so cosa mi aspetta su a 2000m, quanta neve …. molle, dura?
Vedo il grande anfiteatro della Val Canali
Alla mia sinistra lungo la strada forestale osservo la Fradusta che domina sul Vallon delle Lede
Nel frattempo mi accorgo che il sole si appoggia su Forcella d’Oltro; mi fermo scatto un po’ di foto. L’effetto è veramente suggestivo
Proseguo, oltrepasso il guado del torrente Canali che è in secca in quel punto e salgo verso il Rifugio Treviso. Collaudo così il nuovo tratto di sentiero che devia dall’iniziale zona che frana di continuo vicino al torrente. Fino ad ora non c’è neve. Fin qui lo immaginavo, oltre sarà una sorpresa. Continuo e nemmeno fino al Rifugio trovo neve. Non faccio a tempo a pensarlo che subito dopo la neve c’è ed è abbondante. Alla piazzola di atterraggio dell’elicottero indosso le ciaspe. Mi inoltro nel bosco e incrocio le tracce degli scialpinisti provenienti da Passo Canali.
Ravanando un po’ e forzando sulle racchette sui ripidi pendii esco dal bosco
Cerco così di capire quale traccia seguire, e mi dirigo verso il centro della valle. Trovo anche dei segni rossi che intuisco individuino la via di discesa degli Sci-Alpinisti. Seguo per un po’, però poi mi ricredo. Comincio ad essere dubbioso. Per ora la neve tiene, ma la giornata è meravigliosa, il percorso fin’ora era all’ombra, ma tra poco sarà al sole e tempo che la neve non terrà più e perciò non mi darà più la sicurezza in qualche traverso esposto e nei forti pendii.
Le slavine non mancano, un esile alberello fuoriesce da un cumulo di neve generatosi per una slavina
Salgo ancora e ogni tanto mi giro verso il fondo valle
Continuo a fatica a salire, la neve ora è fradicia e si affonda. Mi inserisco in un canalone che punta verso Passo Canali. Lo affronto stancamente, esco dal canalone e a quota 2000m mi sistemo. Sono le 13. Mi preparo una buca nella neve, per potermi sedere usando l’efficace cuscino gonfiabile, estraggo il fornello dallo zaino e mi preparo un risottino
Mi godo il sole, il silenzio, la luce incredibile che mi colpisce. Occhiali da sole e crema solare sono d’uopo.
Nel frattempo mi godo il panorama, e nel frattempo il cielo si offusca leggermente
Così, giusto per non farmi cogliere impreparato da un meteo imbronciato, dopo un po’ comincio la discesa. In effetti la neve ora molliccia rende più difficile del previsto la discesa.
Con calma scendo, senza creare problemi e a tardo pomeriggio giungo all’auto.
Una passeggiata tranquilla, ma che ricorderò per la meravigliosa cornice bianca e luminosissima che ho trovato nell’Alta Val Canali
Feltre è una cittadina di passaggio, per me che vado tra le vette Dolomitiche.
Vi passo accanto alle ore più assurde, però capita anche di passarvi a ore diurne, e allora la curiosità mi fa fermare, per cercare qualche inquadratura che attragga il mio interesse.
Sono così rimasto colpito dalla prospettiva che si riesce a godere della vecchia rocca, affiancata da Serva e Col Nudo
Mi è piaciuta l’atmosfera che si respira alla Basilica di San Vittore e Corona
Nonostante la distanza, fanno bella impressione le cime delle Vette Feltrine che la proteggono dai venti del nord
Oltre alle bellezze naturali, Feltre abbina graziose architetture medio evali
Quando penso a una escursione, che per qualche motivo è rimasta nella mia memoria, che mi crea emozione al ripensarla, la prima in assoluto è proprio questa che vi propongo di seguito, condotta tra il 11 e 12 giugno 2010
Uno dei miei sogni, quando si parla di montagna, è vedere l’alba dalla Fradusta 2939m quando l’altopiano delle Pale è ancora sommerso dalla neve. Appena ho potuto, prima del disgelo completo, ho organizzato una uscita di una notte. Sono partito poco dopo le 17,00 dal lavoro, arrivato al Cant del Gal verso le 19,15 sono partito poco dopo.
Il sentiero 709 era “umido”. Strano aggettivo, ma era proprio così, solcato da corsi d’acqua che si faceva spesso fatica ad evitare. Ciò era dovuto allo scioglimento giornaliero abbondante delle nevi, che così andava ad ingrossare i letti dei rii oltre ogni misura di contenimento. Acqua in basso, dopo poco la partenza, più in alto all’incirca nel tratto attrezzato …… In due canaloni vi era anche la presenza di neve, comunque bella dura e che quindi non presentava problemi nell’attraversamento. Per il resto il solito bel sentiero, conosciuto e già relazionato.
Il dislivello dalla partenza al rifugio Pradidali (tel. 043964180) è di circa 1100m che sono quantificati dalle tabelle standard CAI in 3 ore. Arrivo al rifugio Pradidali verso le 21,30. Qui ho mangiato e dormito al bivacco invernale.
Neve era presente da quota 2000m circa. Era sì fresco, ma non in modo eccessivo, e comunque al bivacco, perfettamente pulito, erano presenti delle coperte per coprirsi. E’ una notte senza luna, quindi poca luce anche per tentare qualche scatto.
Mi sveglio comunque molto presto, la strada non è molta ma la neve può complicare la situazione, e quindi meglio avvantaggiarsi. Prima delle 3 sono in movimento. GPS acceso perchè sicuramente mi sarà di aiuto. La prima parte è di traverso nel vallone del Rif. Pradidali lungo il sentiero 709, nel circuito dell’alta via N°. 2. Quando si deve cominciare a salire indosso i ramponi. Conosco la zona e ho già fatto questo tratto nel 2008. Con questi pendii con i ramponi è come avere una 4×4 con ruote chiodate 🙂
Procedo decisamente piano. Controllo continuamente la mia posizione sul GPS relativamente al sentiero, in modo da non allontanarmi. Tutto questo finchè supero anche il muro della seconda cascata. Da qui in poi si può procedere a vista. Sono già le 4 passate. Il vallone, con la Pala di San Martino e la cima Immink con la prima luce dell’aurora sono da fotografare. Non capiterà ancora …..
Poi riprendo …. verso le 4,30 scollino e arrivo sull’Altopiano delle Pale e poco dopo al Passo della Fradusta. Qui, per non cercare rischi, seguo il sentiero largo 708a, invece che salire per il ghiacciaio. Seguo il sentiero che avevo già fatto in gennaio e lo ricordo abbastanza bene.
La frontale è già spenta da un po’, la luce si fa sempre più viva e appare l’immensa distesa delle Pale con all’orizzonte le cime nord del gruppo che tanto adoro.
Sono esperienze da vivere, nel silenzio più assoluto che aiuta a concentrarsi nell’assaporare il roboante silenzio della montagna e l’immensità di questi spazi dove non c’è nessuno …. solo io …..
Cerco di darmi da fare per arrivare in tempo sulla cresta della Fradusta prima dell’alba. Qui la neve è meno solida che nel vallone che saliva dal Pradidali, e con mia somma sorpresa quando arrivo in cresta alla Fradusta mi trovo a sprofondare nella neve. Cerco allora di tenermi nella parte più settentrionale della cresta, meno battuta dal sole di giorno.
Salgo così ancora un po’. A 2800m mi fermo, il sole sta cominciando a fare capolino e così mi preparo. Il punto di vista è ottimale, non ho nulla che in breve raggio mi limiti la visuale.
Vista sull’immensità dell’Altopiano delle Pale all’alba del 12/6/2010
Così mi do’ da fare con le macchine fotografiche e cerco di fissare questi momenti sempre uguali e sempre così emozionanti e diversi.
Anche questa volta il primo raggio non mi scappa ! Non manca molto alla vetta, 150m, è lì davanti a me, ma la neve non mi piace. Si affonda troppo e inaspettatamente, più ritardo la discesa più rischio di “sprofondare” nella neve, e questa sensazione non mi piace. Insomma, per farla breve torno giù senza salire in vetta 🙁 In fondo, mi dico, ci sono stato altre tre volte almeno …..
La discesa è tranquilla, almeno me la prendo con calma. Più importante è uscire dall’altopiano visto che ho notato che la neve qui è meno affidabile di quella che troverò scendendo nel vallone verso il rifugio Pradidali.
Mi fermo alla prima delle cascate d’acqua che terminano il vallone e me la passo a guardare i giochi d’acqua nel ghiaccio e a fotografarli.
Da qui in poi la discesa è tranquilla e senza problemi. Il sentiero è ora libero dall’acqua ….. le nevi si scioglieranno durante la giornata e andranno a riempire i sentieri come la sera prima. Ma per ora mi sono già abbondantemente bagnato i piedi. Per questa escursione basta e avanza!
Trovo le prime persone verso le 8,45, e loro come i seguenti a guardarsi e chiedersi da dove arriva questo tizio a quest’ora …….
Che dire ….. sono esperienze che vanno provate per essere comprese a fondo !
Quattordicesimo anno …. quando mi guardo indietro penso a tutte le escursioni, notti, vissute nelle Dolomiti., mi vengono i brividi!
Quante sensazioni, emozioni, che la foto congela per sempre!!
Anche quest’anno pubblico un calendario con le mie foto realizzate esclusivamente in Dolomiti nell’ultimo anno, come sintesi di quanto ho vissuto tra cime e valloni in questo ultimo periodo che ci ha visti bloccati in casa per tre mesi.
Omino spaccato al tramonto, in Passo Valbona – Catinaccio
Spesso le montagne sono le medesime, ma cerco sempre qualche connotazione diversa e la presenza di una nuova emozione.
Anche quest’anno il calendario è verticale, con dimensioni 30x43cm, su 13 fogli (un foglio per mese)! Grammatura 200g/m2
E’ una edizione limitata. Il costo è contenuto a 8 euro. Per chi è interessato a un numero maggiore di 3 copie c’è qualche sconticino.
Volentieri lo consegno a mano per chi è della zona tra Venezia e Ferrara, a volte trovo il modo di essere presente anche in zona Treviso.
Ci si può sentire, giro parecchio per lavoro e magari si trova un punto di incontro ed evitare 10 euro di spedizione!!
Di seguito riporto le foto del calendario, che è la parte che più interessa!!