Un’escursione al Campanile di Val Montanaia

Quella che propongo è una classicissima escursione, che porta al Campanile di Val Montanaia, una struttura ardita, isolata nel mezzo della valle, che un architetto geniale milioni di anni fa ha realizzato con una lenta e costante progressione.

Il fantasma

Il fantasma

Vi si arriva percorrendo in auto la Val Cimoliana per circa 14 km, fino ad arrivare al parcheggio del Rif. Pordenone, circa a quota 1200m. Da qui si prende il sentiero 353 che si dirige a nord e risale l’ampio ghiaione che incide la valle.
La via di salita non è univoca, vari rami si inerpicano lungo il ghiaione, sempre ben individuabili dalle tracce sul terreno e dai numerosi ometti di pietra che sono stati disseminati lungo il percorso.
Si sale su buona pendenza, il ghiaino non disturba troppo, di solito seguo la traccia alla destra orografica del torrente, comunque cambia poco.

Si procede in questo modo fino a quota 1600m. Qui per poco il terreno cambia; si continua  quindi di traverso , si guada il torrente e lo si risale costeggiandolo e a volte passando sul medesimo greto. Zona questa di sfasciumi, sassi, briciolino ….. non ci si annoia 🙂

sensazioni al campanileSi esce da questo terreno e si entra in un sentiero che procede per poco su ampi zig zag. Dopo poco si arriva sui 1900m ai piedi del Campanile di Val Montanaia. Si erge prepotente, ma da così sotto non se ne indovina la grandezza. Su forte pendenza la traccia scavata sui sassi continua a zig zag. Un divertimento la discesa nella zona dove il ghiaino è più presente. Dopo il primo strappo la traccia si sposta proprio sotto al Campanile in un traverso lungo e in salita, fino ad uscire nel prato che accompagna il Campanile e dove si appoggia il Bivacco Perugini 2060 m.

Da qui si può continuare verso la Forcella Montanaia 2333m per avere una vista complessiva sulla valle e avere una prospettiva dall’alto sul Campanile, o deviare verso nord e salire la Cima Emilia, una delle Cime più abbordabili della zona.

Qui di seguito propongo un filmato che presenta alcune immagini della salita e due timelapse ricavati in notturna in due momenti diversi, con la luna e senza.

Ecco il video!

Vi auguro buona visione !

Nel corso delle mie serate aventi tema Dolomitico, le mie presentazioni sono realizzate con filmati che assomigliano a questo, in cui unisco la presentazione dei sentieri, della natura e delle cime ad immagini d’effetto e timelapse notturni. Se interessati contattatemi 

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Calendario 2017 – 10° anno

Per il decimo anno ho realizzato il mio calendario “Dolomiti 2017”, con foto solo ed esclusivamente di montagne facenti parte delle Dolomiti.

E’ sempre un momento particolare , mi ha impegnato nel cercare tra le migliaia di foto quelle che più rappresentano l’ultimo mio anno sulle montagne; le foto presenti sono state scattate da ottobre 2015 a fine settembre 2016.

Un anno bello, passato sempre intensamente e con la stessa energia, alla ricerca del “non visto”, altre volte alla ricerca delle situazioni stagionali, come il disgelo. 

Questo è stato per me l’anno dei rifugi, un progetto al quale ho collaborato insieme con altri fotografi con l’obiettivo di mappare fotograficamente tutti i rifugi del Trentino. Un progetto molto interessante, soprattutto dal punto di vista umano, che mi ha portato a conoscere e a parlare con molti rifugisti, conoscerli, parlare della complessità del loro lavoro, come lo interpretano ….

Il mio anno fotografico si chiude con la pubblicazione del calendario, e qui tiro le somme del lavoro fatto. E’ il mio capodanno fotografico!

Ecco di seguito le pagine del calendario con la descrizione  della location e tutte le informazioni relative. Alla fine il modulo per la richiesta!

Informazioni tecniche:

Calendario da muro, formato verticale
Dimensioni 40Lx49H cm, le foto sono nel formato magnum 30×45
Carta da 300g/m2
7 fogli fronte-retro + un foglio bianco sul fondo
Spirale sul bordo corto
Stampa Offset di qualità

Il costo del calendario è:
Una copia 9 euro + 9 euro spese di spedizione con corriere e arrivo in un giorno lavorativo con confezione anti piega. La spedizione dispone di tracciatura via web

Due copie 8,5 euro ciascuno + 9 euro di spedizione con corriere e arrivo in un giorno lavorativo con confezione anti piega. La spedizione dispone di tracciatura via web.

Tre copie 8,0 euro ciascuno + 9 euro di spedizione con corriere e arrivo in un giorno lavorativo con confezione anti piega. La spedizione dispone di tracciatura via web.

Il pagamento potrà essere effettuato mediante bonifico bancario o PayPal o per contanti nel caso di consegna a mano. Contattatemi per le prime due modalità di pagamento, fornirò le coordinate relative.
Al momento della spedizione sarà fornita foto del pacco realizzato con il modulo compilato della spedizione.

Nel limite del possibile sono disponibile alla consegna a mano

Per festeggiare il 10° anno dell’edizione, fino al 20 novembre do’ la possibilità di acquistare a prezzo speciale uno dei seguenti libri per ciascun calendario acquistato, un’ottima idea per i vostri regali:
1) Alla ricerca del Giardino di Re Laurino –> prezzo speciale 15 euro link alla presentazione del libro
2) Uno tra i due volumi “Il volto nascosto delle Dolomiti” –> prezzo speciale 3 euro link alla presentazione dei volumi
In caso siate interessati a una di queste proposte, potete inserire la richiesta nel modulo al campo “Altre informazioni”

 

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Il trittico dei fantastici sentieri in Catinaccio

Insieme alla Busa di Larsech

Insieme alla Busa di Larsech

Una delle mie convinzioni, che ripeto fino alla noia, è che andare in Catinaccio deve voler dire lasciarsi trascinare da questo gruppo, e procedere alla sua scoperta, cercando nuovi sentieri e nuove suggestioni.

In questa giornata, in sette compagni di ventura, abbiamo attraversato il Catinaccio unendo i tre sentieri più remoti e meno frequentati: la Fantastica Fessura, il sentiero Paola e il Bepo de Medil. Gli ultimi due sono già stati qui commentati e presentati, ora mi soffermerò soprattutto sul primo, la Fantastica Fessura. Questo è un sentiero scoperto da Don Tita Soraruf, il cappellano degli anni ’20, che dedicò molto tempo all’esplorazione del Catinaccio. Il nome a questo singolare crepaccio lo coniò proprio lui, la Fantastica Fessura (che molti fraintendono 🙂 !!!)

L'ingresso della Fantastica Fessura

L’ingresso della Fantastica Fessura

La Fantastica Fessura è effettivamente un intaglio nella roccia, alto fino a 200m circa, il cui fondo pian piano si alza fino a portare l’escursionista all’uscita in prossimità della base del Polenton.

Vediamo ora in dettaglio il percorso:

Partenza da Muncion 1500m, paese posto sulla strada per il Rifugio Gardeccia. Si prende il sentiero 579 che dopo il bivio con Mazzin prende il numero 580.
Si procede fino a quota 1700m, in corrispondenza del grande colatoio che scende dalle crepe di Lausa. Si procede liberamente lungo il colatoio dove risulta più facile camminare.

Sulla destra, da subito, ai limiti del colatoio si intravvede un enorme masso. Subito dopo questo masso, si salta in cima al terrapieno che limita il colatoio e si distingue flebile una traccia nel terreno. Si segue questa traccia, che sale con decisione e forte pendenza. Tra vari tornanti ci si sposta dapprima lentamente verso est, poi con maggiore decisione in diagonale su terreno in forte pendenza.

Il guado del torrente

Il guado del torrente

Questo è un sentiero decisamente ostico, che non consiglio di fare se non siete avvezzi ai terreni accidentati ed esposti.

Si continua alla base della parete del grande contrafforte che sostiene il Polenton fino a incrociare il torrente che genera le cascate di Soscorza e che scende dall’Antermoia.
Il guado del torrente deve avvenire con circospezione. Se si scivola per qualsiasi motivo si troverà un salto di un centinaio di metri. Noi avevamo una corda di 12 m che abbiamo usato per assicurarci e attraversare in sicurezza il torrente. Per uscire dal letto del torrente ci si eleva di un buon metro e mezzo con gesto atletico su un masso.

Da qui inizia un tratto di almeno 200m in salita impegnativo. Su roccia buona, la pendenza è dav

La dura salita taglia gambe

La dura salita taglia gambe

vero notevole e obbliga a porre sul terreno le mani. E’ un I° continuo in questo terreno. Terminata questa salita su perviene su zona prativa e si vede a sinistra la fessura. Per entrarci è necessario passare il torrente di nuovo.
Alcuni autori invitano a prendere la fessura da sotto, noi invece l’abbiamo aggredita secondo una linea trasversale a pari quota che perviene da destra. Il tratto è esposto e ha il punto critico in prossimità di alcuni mughi dove si passa con appigli poco accennati. Qui abbiamo posato la corda per sicurezza.
Si entra ora nella Fessura. L’ingresso è ampio, ma si capisce subito che tipo di ambiente è: umido, buio ….. ma assolutamente entusiasmante. Più che escursionisti sembra di essere speleologi. Si ha la netta impressione di entrare all’interno della terra, anche se ogni tanto si osserverà qualche fenditura dall’alto dove passa un filo di luce a ricordare il legame con il cielo aperto.

All'interno della Fantastica Fessura

All’interno della Fantastica Fessura

Il percorso di salita nella fenditura è vario. Non mi sono trovato con altre relazioni, forse perchè l’ambiente è poco trafficato e mutevole. Ad alcuni tratti assolutamente normali si alternano salti con difficoltà tra il II° e il III° grado. A rendere tutto difficile vi sono spesso il terreno friabile, le rocce umide, e gli scarponi scivolano nei piccoli appigli.
Vi sono un paio di punti più impegnativi prima di arrivare al tratto finale, dove si esce e dove la fessura si restringe e si passa a malapena. All’uscita invece che prendere una crestina sulla destra come menzionato in altre relazioni si è preferito stare bassi e seguire il fondo della fessura. Ripeto, penso che le condizioni del percorso non siano stabili, perciò ciò che scrivo oggi possa domani essere non più vero.

Sicuramente, per le mie capacità alpinistiche, non avrei potuto fare da solo questo percorso, per cui se non siete alpinisti consiglio di non fare questo percorso oppure di trovare chi vi accompagni, come ho fatto io, ancor meglio se vi farete accompagnare da una guida alpina.

Uscita dalla Fantastica Fessura

Uscita dalla Fantastica Fessura

L’uscita è surreale, si passa dalle “viscere della roccia” all’aperto. Non mi capiterà ancora!
Si è ora al cospetto del Polenton, un nome che la dice lunga sulla forma di questa montagna 🙂 . Ci spostiamo verso ovest, in direzione Crepe di Lausa. Non vi è sentiero, si procede intuitivamente a vista: si può scegliere di scendere di una cinquantina di metri per andare a raggiungere più sotto la traccia del sentiero Paola, oppure raggiungerlo più in alto, tagliando proprio sotto alla parete del Polenton. In ogni caso, tenere la medesima quota complicherà il tragitto, perchè si incontra un canale alquanto accidentato da passare.
Noi abbiamo preso una esile traccia più alta che transita sotto al Polenton, quindi tagliando il fronte di salita siamo pervenuti nel ghiaione che porta alla Forcella delle Crepe di Lausa Nord: ghiaione faticoso questo; prima si perviene in un ampio pianoro da dove, sporgendosi leggermente a est si intravvede il Rifugio Antermoia. Si sale verso le Crepe di Lausa Nord. A metà via, sulla sinistra in successione, si trovano due canali di salita: sfruttando il primo si perviene alle Crepe di Lausa Sud, con il secondo alla forcella dei Camosci.

Discesa lungo il ghiaione dalla Forcella dei Camosci

Discesa lungo il ghiaione dalla Forcella dei Camosci

Poichè il nostro obiettivo ora diventa la Pala di Mesdì, tentiamo l’avventura e speriamo tagliando per la forcella dei Camosci di arrivare più velocemente nella Valle di Lausa.
La salita su ghiaino friabile è sempre faticosa, mentre la discesa è impegnativa per la pendenza e il terreno assai sdrucciolevole. Se non siete equilibristi, un bel paio di bastoncini da trekking saranno molo utili.
Per nostra fortuna, e come suggerito dall’intuito, la discesa ci ha accompagnati proprio nella Valle di Lausa, dove su un verdissimo e morbido praticello abbiamo pranzato.
Da qui ci siamo spostati nella Busa di Larsèch per salire alla Pala di Mesdì, percorso “Bepo de Medil” già documentato al link presente all’inizio di questa relazione.
In questa giornata abbiamo percorso il sentiero Bepo de Medil al contrario rispetto a quanto presentato. Una necessità questa visto lo svolgersi della giornata. Se si deve andare in Pala di Mesdì consiglio di seguire il tracciato proposto nella mia relazione, quindi di percorrere il canalone in salita.
Dopo la salita alla cima siamo scesi per il sentiero Bepo de Medil e quindi al Gardeccia da Marco ci siamo bevuti una fresca e dissetante birra!

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Catinaccio d’Antermoia 9-9-14

Nel mio almanacco non era presente la vetta del Catinaccio d’Antermoia.

E’ la cima più alta del gruppo del Catinaccio e supera di soli 4 m quota 3000!

Ai piedi del Catinaccio poco prima di arrivare al Rifugio Vajolet

Ai piedi del Catinaccio poco prima di arrivare al Rifugio Vajolet

Parto quindi di buon mattino, per essere a Muncion alle 8 e poter salire sul primo pulmino. Calcolo errato, il primo pulmino per Gardeccia è full e anche il secondo. Ho imparato quindi che la fermata di Muncion è solo virtuale.

Continuo a piedi per la strada asfaltata che conduce al Gardeccia. Da Muncion 1500m al Gardeccia 1945m impiego 1h 5′ circa.

Saluto velocemente Marco, il gestore del Gardeccia, e proseguo velocemente lungo il sentiero 546; sono molto in ritardo sulla tabella di marcia. Passo via il Vajolet 2240m che raggiungo in circa 40 min., e arrivo al Rif. Principe 2600m in tre quarti d’ora. Inizio questo percorso per me nuovo.

Grande e Piccola Valbona dall'inizio del sentiero ferrato del Catinaccio d'Antermoia

Grande e Piccola Valbona dall’inizio del sentiero ferrato del Catinaccio d’Antermoia

Dal Passo Principe ci si alza camminando in direzione nord; si trova un canale di salita che procede con direzione opposta verso sud.

Inizialmente tutto è abbastanza semplice, ci si aiuta appoggiando le mani. Si esce dal canale, e la vista cade sulla Valle del Vajolet.
Si scende per una scaletta e si continua su una comoda banca. Si sale ancora per un intaglio ricavato su uno sbalzo di roccia dove si comincia a gustare il panorama che poi sorprenderà in vetta.

salendo il primo tratto

salendo il primo tratto

Si inizia ora a salire percorrendo la montagna in senso orario. Le corde non sono sempre presenti perchè in alcuni tratti il percorso diventa veramente facile; nel novero delle ferrate questo sentiero di salita è quanto di più facile abbia trovato.
Si arriva a vedere una gola che si getta sul versante nord, dove affiorano dal fondo la Croda dei Cirmei e il Cogolo del Lago. Un punto dove fermarsi e con circospezione osservare questo spettacolo di panorama.
L’ultimo tratto sale con forte pendenza e qui la corda metallica è di aiuto, mentre la vista vola a strapiombo sulla valle di Ciamin e il nugolo di cime che fanno da contorno.

Cresta e croce di vetta

Cresta e croce di vetta

Si arriva così alla cresta che conduce alla croce di vetta. Ho sentito da qualche guida che il tratto di cresta di vetta sia spesso vissuto dagli escursionisti in modo più complesso che l’intero tratto ferrato, tanto da rappresentare un ostacolo insormontabile. A inizio stagione non è raro trovare la cresta innevata.

Il panorama a 360° entusiasma. Si è nella cima più alta del Catinaccio e lo sguardo si arriva all’infinito. Dopo la proverbiale foto alla croce di vetta si può proseguire scendendo il tratto lungo la parete nord est. Questa via è leggermente più lunga di quella di salita, visto che termina poco sopra i 2500 m. Alcuni brevi tratti risultano senza corde, ma dove possono servire sono ben presenti. Vi è un passaggio di traverso che fa ricordare di essere su un percorso ferrato, dove la corda diventa veramente necessaria.

Scaletta in discesa

Scaletta in discesa

Dopo aver superato con un salto un’ultima gola che presenta ai lati arditi ghiaioni, si potrebbe pensare di essere arrivati; mancano ancora 150 m su terreno in forte pendenza e in parte sdrucciolevole, ancora assistito da corde. Finalmente si raggiunge la base della ferrata. A questo punto, se non si conosce la Val d’Antermoia si suggerisce di percorrerla fino al Rifugio Antermoia 2500m e poi scendere per la Val d’Udai e raggiungere Muncion, base di partenza

 

 

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Weekend fotografico al Rifugio Scarpa Gurekian

Nei giorni 24 e 25 ottobre ho condotto un workshop fotografico al Rifugio Scarpa Gurekian, gestito dall’amico Aron Lazzaro e Famiglia.

Il motivo del weekend era scoprire i colori dell’autunno.

Il meteo è stato ottimo, questo ha dato una bella carica di ottimismo e di voglia di cercare nuovi scorci e colori da catturare nelle nostre reflex.

Alba vissuta al Rifugio Scarpa

Alba vissuta al Rifugio Scarpa

Alcuni momenti sono stati veramente entusiasmanti.

Ho realizzato un video che presenta in breve i momenti più intensi vissuti il cui link è il seguente

https://vimeo.com/143550312 . Il video è in HD, caricato su Vimeo.com

Al mminuto 1′ esatto si vedono i pianeti Giove, Marte e Venere sorgere

Buona visione, e se vorrai esprimere un parere, mi farà piacere!

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Dal tramonto all’alba tra le Cime de Zita

Qui presento un’uscita in un luogo che mi è sempre piaciuto moltissimo, le Cime de Zita. Si trovano lungo l’alta via numero 1, tra i Rifugi Sommariva al Pramperet e Pian de Fontana all’interno del Parco delle Dolomiti Bellunesi. Lontane da tutto. Spesso si parla dei silenzi della montagna; ma molte volte anche in alta montagna si sentono i rumori provenienti dalla strada 1000m più sotto, o il rumore dei torrenti …… qui è assoluto silenzio, rotto appena dal verso di qualche corvo.

Partenza dal parcheggio con vista sugli Spiz

Partenza dal parcheggio con vista sugli Spiz

La salita comincia dal versante di Zoldo, che rispetto agli altri possibili è quello che presenta il minor dislivello. Si parcheggia al Pian della Foppa, circa a 1200m e ci si incammina per il sentiero 523. L’inizio è pianeggiante (quasi) e noioso, 15 minuti di trasferimento sulla strada bianca che porta alla malga Pramper per prendere il sentiero 523 ed entrare quindi nel bosco e lasciare la strada forestale. Qui il sentiero sale e si comincia a fare un po’ di dislivello. Attorno ai 1350m si arriva ad una radura ampia e spaziosa, qui si può decidere se proseguire per il bosco o riprendere la strada che passa, inaspettatamente, subito sopra la radura. Prendo la strada perchè per il sentiero si rischia di avere problemi di guado di un torrente.

Nella radura ai piedi del Petorgnon

Nella radura ai piedi del Petorgnon

A passo lento, circa in un’ora si arriva alla malga, dove si trova anche una fontanella d’acqua dove abbeverarsi.

Da qui si continua per il sentiero 523 in direzione del Rifugio Sommariva al Pramperet 1857m.

Inizialmente il sentiero sale con buon dislivello, arrivati sui 1700 m comincia una fase di sali e scendi per poi salire definitivamente prima di arrivare al bivio dei sentieri che conducono al rifugio (a 2 minuti di cammino) e per l’alta via N°. 1 delle Dolomiti alle Cime de Zita e ultimo alla forcella del Moschesin.

Qui si prende il sentiero 514 che porta prima alla Portela del Piazedel 2097m. Anche qui il sentiero non è di quelli che sale decisi. Si fa un tratto di spostamento lungo il costone che cinge le cime de le Balanzole.

Solo l’ultimo tratto sotto alla Portela sale deciso. Nel frattempo sulla sinistra c’è il torrente che porta le acque del disgelo in valle, buono per qualche fresca tappa.

Dal Piazedel, la vista corre verso il Castello di Moschesin

Dal Piazedel, la vista corre verso il Castello di Moschesin

Arrivato alla Portela si apre lo scenario sulla Val Piazedel e a sinistra iniziano a frastagliarsi le Cime de Zita. Questo è il sentiero dell’Alta Via N°. 1, segnato con bollatura blu. Mi piace molto la Val Piazedel, con quel susseguirsi di salite e pianori e di morbidi tappeti verdi. Sulla destra il terreno scende a valle sulla Val Clusa, mentre a est crescono i lunghi costoni della Cima de Zita nord. La Cima de Zita di Mezzo si erge sul costone che divide la Val Piazedei con la Val dei Erbandoi.

Si sale sul costone che delimita le due valli, si sale e si corre a sud della Zita di Mezzo e in un attimo si arriva alla Forcella de Zita 2400m, da dove si prende il crinale che porta alla vetta della Zita Sud.

Gran bel panorama, sia verso sud (Pelf, Schiara e Talvena) che verso nord (Cime de Zita, Civetta, Pelmo, …..).

Un vin brulè per compagnia

Un vin brulè per compagnia

Qui mi apposto in attesa del tramonto, spostandomi velocemente sulla cresta ovest tra le due Valli Erbandoi e Piazedel alla ricerca della migliore prospettiva. Il tramonto alterna fasi di nuvoloso ad altre in cui le nuvole riescono a creare dei begli effetti.

Dopo il tramonto calano le nuvole, e io mi apposto per la notte in Forcella. Non c’è vento, e la posizione è propizia. Visto la situazione del cielo coperto mi appisolo un po’ nel sacco a pelo.

Prima delle 22 il cielo si libera e ne approfitto per fare qualche scatto sul versante ovest. La luce di una luna quasi piena domina la scena
Ancora meno di un’ora e si ricopre di nuovo ….. che noia. Non resta che riappisolarmi in sacco a pelo. Qui le nuvole arrivano e mi stringono in un umido abbraccio (sigh!).

Appunto la sveglia un’ora dopo e mi riappisolo …..
E così magicamente mi risveglio con il cielo libero! Che bello. Sfrutto il momento e questa volta faccio partire un timelapse sui Van de Zita.
Decisamente bene! A lavoro fotografico concluso (e io stanco) mi riappisolo fino alle 5,45, per svegliarmi e appostarmi per l’alba.

L’alba arriva e con essa nuove sensazioni in questo piccolo paradiso selvaggio, poco conosciuto. Si scorge la Val del Cordevole, e laggiù gli abitati, non ancora illuminati dal sole, spengono le luci …..

Trascorsa l’alba, raduno le mie cose e rientro a valle.

Ho condensato questa esperienza in un filmato, visualizzabile a questo link , ve lo consiglio, all’interno è presente un timelapse in notturna!

Alla prossima e sempre Buona Montagna !!

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Vita da fotografo – 16/17-10-2014

Nella vita tutti dovremmo avere un lavoro e una passione, per  alimentare la nostra creatività, scaricare le tensioni e “caricare le batterie”. La mia passione è fotografare la montagna. La riprendo nelle ore diurne come reportage delle escursioni, all’alba o al tramonto per immortalare l’enrosadira che infiamma le pareti, di notte per esaltare la luce delle stelle e delle valli.

Si può fotografare in molti modi diversi: c’è chi ama riprendere i panorami con la presenza di laghi per far risaltare i riflessi dell’acqua, chi ama la ricchezza di espressività delle rocce…… io prediligo documentare la montagna, portare virtualmente per mano chi mi legge, accompagnandolo ad assaporare le atmosfere silenziose e calde che le albe, i tramonti e le notti trasmettono, fino ad innamorarsene come mi capita.

Nell’ambito di un progetto fotografico ambientato in Catinaccio, ho pensato una uscita alquanto articolata con obiettivi ambiziosi:

  1. Salire il Cront di Mezzo 2693m nel sottogruppo del Larséch
  2. Raggiungere per il tramonto la Crepa Nord di Lausa 2766m
  3. Realizzare alcune foto notturne dal Mantello, posto nei pressi del Rifugio Antermoia
  4. Scendere a Muncion di notte per la Val d’Udai, prendere la macchina e spostarmi per dormire (in auto) ai piedi del Buffaure.
  5. Svegliarmi per tempo, salire al Buffaure e raggiungere una posizione adeguata per fotografare l’alba mentre infuoca il Catinaccio.

Un programma intenso che ben rappresenta la mia vita di fotografo tra vette e valli delle Dolomiti. Una doppia personalità la mia, escursionista allenato che accompagna il fotografo alla ricerca di nuove luci che emozionino. Viaggio da solo, perchè gli orari sono inconsueti e compagni disposti a questi “tour de force” non ne ho. Il vagare per le valli di notte è in assoluta tranquillità; la frontale illumina il sentiero che già ben conosco, la memoria ricorda come si sviluppa ancor prima di vederlo. Dei ritmi così serrati sono anche una necessità per massimizzare l’efficacia del tempo a mia disposizione con le scadenze del progetto.

Fatica? In tutto questo la fatica non c’è, o se si presenta la dimentico perchè ricordo solo gli istanti emotivamente forti che la fotografia congela per sempre.

Un minimo di allenamento e l’entusiasmo per i risultati di questa passione sono il vero segreto che mi spronano a ripartire ogni volta, nonostante il mal di schiena che regolarmente mi accompagna dopo un’escursione e mi fa dormire male. Il pensare sempre a nuove mete e all’avventura che mi aspetta non mi fa sentire gli anni che passano……. perchè quella appena vissuta è stata entusiasmante, ma la prossima lo sarà ancora di più!!!

Antermoia dream

Antermoia dream

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Sentiero Paola, la direttissima per il Rifugio Antermoia

Avevo sentito parlare del sentiero Paola, avevo preso un po’ di informazioni e me ne ero fatto una vaga idea.

Mi chiedo perchè certi sentieri “intriganti” cadano nell’oblio. E’ novembre, la stagione è stata fin troppo clemente, con la prospettiva di un inizio di giornata accettabile parto alla ricerca del sentiero, prima che la neve ne copra le tracce. Preferisco provare la variante che si prende salendo per la Val Udai. La partenza originale è dall’ultima casa di Muncion.

IMG_9987Partenza quindi da Muncion quota 1500m, si parcheggia nel nuovo spazio dedicato. Prendo il sentiero per la Val Udai, che conosco bene. E’ un sentiero inizialmente molto tranquillo. Parte con una rampa di ciotolato e poi prosegue in falso piano.

Si procede lungo la carrabile per circa mezz’ora,  tenendo la destra all’unico bivio che si incontra. I cartelli da seguire sono quelli per il rifugio Antermoia.

L'inizio del sentiero

La prima parte del sentiero

Circa a 1700m di quota, laddove il sentiero piega a destra in corrispondenza di un canalone,  si prende un varco tra due alberi a sinistra (c’è una foto che lo riprende) e si segue la traccia, a tratti costituita da canalino, a tratti da un leggero filo di sterrato. Dopo pochi minuti si svolta a sinistra, direzione sud, e il sentiero diventa ben marcato. Si sale con buona progressione, in mezzo agli alberi.

Il cartello che indica "FRANA"

Il cartello che indica “FRANA”

Dalla direzione sud si gira pian piano verso ovest, arrivando ad un punto singolare, dove si trova un cartello stradale con tanto di palo che indica una frana. Qui si gira a 90° a destra, entrando in una zona tra alberi fitti. Il sentiero si distingue bene. Ora si costeggiano le pendici del Aut da Muncion, si passano 3 ghiaioni di traverso, dove l’ultimo richiede più attenzione perchè in alcuni punti è sdrucciolevole.

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L’attraversamento del ghiaione

Dopo un po’ si arriva in una zona piacevole, adatta a una bella sosta, la roccia offre pure un riparo dalla pioggia. Si procede nella medesima direzione, dopo poco, prima di scollinare in una zona ricca di mughi, si prende a destra, e ci si dirige verso il grande ghiaione che parte dalle Crepe di Lausa Sud.

L’attraversamento del ghiaione richiede di proseguire a vista. Ogni tanto si nota qualche ometto a segnalare la via preferenziale.

Appena concluso l'attraversamento del ghiaione

Appena concluso l’attraversamento del ghiaione

IMG_9765forcia larga

La vista su Aut da Moncion e Forcia Larga

Qui l’importante è attraversarlo trasversalmente, senza risalirlo. Si deve raggiungere l’intaglio tra il canalone e i pendii erbosi di destra, che scendono dal Polenton. Il ghiaione è caratterizzato da massi piuttosto grandi. Un po’ di pazienza, di equilibrismo e lo si attraversa facilmente.

Concluso il canalone l’avanzare si fa faticoso, la pendenza aumenta. Da qui però si comincia a intuire come procederà il sentiero.

 

 

 

 

 

Vi sono due varianti:

IMG_9754percorsia) una è seguendo le tracce presenti sul terreno che tengono la destra del pendio di salita, giungere alla forcella del Polenton. Da qui è già visibile il rifugio.
b) l’altra è rimanere prossimi alle pareti delle Crepe di Lausa sud, superare la prima forcella in corrispondenza a quella del Polenton, continuare fino ai piedi della Crepa di Lausa Nord.

Ho seguito entrambe le tracce, in due momenti diversi.

Scendendo dalla forcella del Polenton

Scendendo dalla forcella del Polenton

Con la prima a) si arriva sulla forcella del Polenton, qui ci si abbassa su terreno detritico, ci si deve spostare su roccia esposta per poi riprendere il canalone detritico e continuare nella Busa del versante nord. Si risale un canale ben visibile al termine del quale è indicata chiaramente la direzione per il rifugio Antermoia. Si continua di traverso lungo il pendio di rocce, mantenendo la quota e si perviene così al meritato Rifugio.

E’ una via per escursionisti smaliziati con buon senso dell’orientamento

 

 

Ultimo tratto del Sentiero Paola, che porta alla forcella sotto la Crepa Nord di Lausa

Ultimo tratto del Sentiero Paola, che porta alla forcella sotto la Crepa Nord di Lausa

Nel caso B) si perviene ad un avvallamento ad una quota pari a quella della Forcella del Polenton. Si continua con media pendenza puntando alla successiva forcella a 2720m, ai piedi della Crepa di Lausa Nord. Si risale brevemente al colle di destra e si scende per chiara traccia al Passo di lausa 2706m. Da qui con sentiero 583, ben segnato si può scendere al rifugio Antermoia. Sono 200 m di discesa tra rocce e sassi, che richiedono attenzione ma per nulla difficili se siete arrivati fin qui! Come difficoltà consiglio questa via perchè più semplice  rispetto alla A)

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Rifugio Antermoia

Il Rifugio Antermoia e il suo gestore vi aspettano a 2500m, in un vero angolo di poesia che il lago completa con la sua piacevolissima presenza.

Da qui il ritorno può essere effettuato secondo svariate direttrici: 1) salendo al Passo d’Antermoia e quindi scendendo per Passo Principe e la seguente Valle del Vajolet, oppure 2) per la più comoda Val Udai.

La via più veloce di discesa a Muncion è per 2) la Val Udai.

Dal Rifugio Antermoia si prende il sentiero 580, che prima in leggera salita porta al Passo di Dona 2516m e poi scende con lunghi zig-zag fino al Pian de le Gialine, a ridosso della verde Val di Dona. Prima di imboccare la Val di Dona, seminascosta, c’è la traccia del sentiero per la Val Udai, su terra battuta nera nel primo tratto.

Un sentiero divertente, tra continui salti, attraversamenti del torrente, (che fresca quell’acqua!) fino ad arrivare ai 1800m alla base delle cascate che scivolano giù dal Polenton. Qui si intravvede ai piedi della parete di roccia una baracca utilizzata in tempi trascorsi dai pastori. Si scende di cento metri ancora in mezzo al bosco, fino ad un nuovo attraversamento fino ad arrivare al punto in cui all’andata si era abbandonata la strada per seguire il sentiero Paola.

Circa 25 minuti e si arriva a Muncion,

Questo è un sentiero che spero vi piacerà e vi verrà il desiderio di provarlo!

Buona montagna!

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TransPelmo ad ostacoli – 25/26-6-2015

Ogni tanto mi girano delle idee un po’ strane. Questa volta l’idea si è composta a step successivi.

Primo step, da ben 6 anni che ci penso, era andare a Cima Pena di fronte al Pelmo “el Caregon”, versante sud.  Ci sono stato parecchi anni fa, e volevo tornarci, magari per un notturno, un’alba ….. qualche cosa di particolare.

La strada penso di saperla, ci avevo provato anche l’anno scorso, ma sull’ultimo pendio di salita mi aveva bloccato uno stiramento al polpaccio. Davvero una “pena” e una congiura contro questa idea.

Parto di sera dal parcheggio di Zoppè a 1600m, ore 19,40, conto di aver luce fino alle 22. Cammino senza fretta lungo la carrabile che porta al Rifugio Venezia. Altre volte ho documentato questo sentiero, che non presenta nessuna difficoltà, se non che è lungo per il poco dislivello che permette di fare. Trovo l’ultima parte del sentiero prima di scollinare verso il Venezia in stato paludoso, come capita spesso, soprattutto dopo una settimana di piogge. Qui arrivo circa alle 21.

Posizione dove si scollina, ai piedi del pelmo, poco a destra fuori immagine il rifugio Venezia

Posizione dove si scollina, ai piedi del pelmo, poco a destra fuori immagine il rifugio Venezia

Arrivato sul dolce valico da dove si vede il Rifugio, si prende con decisione in direzione sud per salire a Cima Pena. Si segue inizialmente una traccia scavata nel terreno, ci si alza di pochi metri, poi continuando sempre verso sud si scende. Tutt’attorno pascola una mandria di mucche e si vede anche qualche cavallo. Un po’ di attenzione non guasta, sono animali pacifici ma se ti prendono in simpatia come stava accadendo a me ….

Qui il sentiero non è più segnato. Si procede superando la prima radura caratterizzata

penultima radura prima di imboccare il sentiero per la cima

penultima radura prima di imboccare il sentiero per la cima

dalla discesa e quindi dalla dolce salita, si passa in mezzo a una macchia di alberi, ci si trova in una nuova e ampia radura e qui è necessario cercare dall’altro lato due segni rossi presenti su due alberi che individuano il passaggio e il sentiero da seguire. Si entra in una radura più piccola e qui al suo angolo sinistro si individua la traccia da seguire. Poco dopo si prende a destra decisi, cercando la bollatura appena visibile su un masso posto per terra. A questo punto il sentiero diventa

Imbocco il sentiero in controsole

Imbocco il sentiero in controsole

chiaro e tutto sommato ben segnato da bollature. Si procede salendo di traverso in direzione est, e quando si è sotto alla cima si sale in modo deciso e diretto. Il percorso è vario, con dei stretti canali dove si passa appena, dei piccoli salti, e poi sale tra verde dell’erba e sassi. La cima è sulla sinistra del fronte di salita, mentre a destra sono presenti dei verdeggianti rilievi. Mi sistemo al riparo dal vento su una conca ai piedi della cima, dove passo la notte dormendo in sacco a pelo.

Il Pelmo al chiar di luna

Il Pelmo al chiar di luna

Passo la notte svegliandomi di continuo per fotografare, mi corico definitivamente alle 3.

La luce del mattino comincia a intravedersi già prima delle 5. Con difficoltà mi alzo e aspetto l’alba spostandomi in cima. Tira una fresca brezza, le mani se ne stanno bene all’interno delle tasche della giacca invernale. Verso le 6,45 parto per il rifugio Venezia.

Autoscatto a Cima Pena

Autoscatto a Cima Pena

A questo punto si aprirà il progetto della giornata di realizzare il giro del Pelmo o, se non ne avrò voglia, tornerò indietro all’auto.

Al Venezia prendo un buon caffè, riempio la borraccia e decido di partire per il giro del Pelmo. Lo farò camminando in senso orario, con lo zaino bello pienotto con 15 kg di materiale complessivamente.
Parto dal rifugio seguendo il sentiero che porta alla Val d’Arcia e all’attacco della Cengia di Ball, per la normale del Pelmo. Dopo una ventina di minuti i due sentieri si

Inizia il sentiero 780

Inizia il sentiero 780

dividono: a destra continuo per la forcella della Val d’Arcia. Il sentiero sale con discreta pendenza, poi si abbassa prima di salire decisamente verso una prima forcella che porta a far intravvedere la forcella di Val d’Arcia. Fin’ora il sentiero è stato agevole, senza difficoltà alcuna. Ora invece si fa ben più severo: scorre a ridosso delle pareti della montagna, assistito a tratti da corde metalliche, poi sale lungo un colatoio alquanto faticoso, instabile come con tutti quei sassolini che

La Val d'Arcia

La Val d’Arcia

mi accompagnano nel senso opposto della marcia. L’ultimo tratto procede con un più comodo zig-zag. Si arrivaa così in Forcella 2450m, ove la vista si diletta nell’osservare la piccola Val d’Arcia, incastrata tra il Pelmo e le omonime Crode.

La scendo prendendo la traccia a monte, e continuando diretto senza passare per il Rifugio Città di Fiume scendo fino a 1900m, un sentiero in mezzo ai grandi colatoi del Pelmo, ben segnato e battuto.
Arrivato al termine della Val d’Arcia comincia la parte più noiosa del percorso, prima in

Il sentiero si apre verso Passo Staulanza

Il sentiero si apre verso Passo Staulanza

mezzo alla vegetazione in direzione del Passo di Staulanza, dove non arrivo e rimango un po’ più a monte. Dall’altezza dello Staulanza il terreno comincia a diventare fangoso. Ma per aiutare l’escursionista sono stati realizzati dei ponti in legno che permettono di passare indisturbati le zone acquitrinose. Questi ponti sono realizzati fino all’altezza dell’abitato di Pecol. Sono veramente tanti, ben fatti, una bella opera. Il sentiero nel settore ovest del Pelmo è un po’

La Dambra

La Dambra

noioso, procede con scarsa pendenza e resta lontano dalla base delle rocce del Pelmo. Nei pressi di un colle si cambia direzione. Ora si va verso est, a prendere il bivio tra il rif. Venezia e il sentiero che porta a Zoppè. Da qui occorre circa un’ora secondo l’indicazione dei cartelli segnasentiero.
Per il solo giro del Pelmo ho impiegato 6 ore, senza correre e con pause varie.
La evidenziare che si trova acqua per abbeverarsi nella zona in corrispondenza tra Passo Staulanza e Pecol.

Il rientro verso il rifugio Venezia

Il rientro verso il rifugio Venezia

Penso sia un percorso che permette di conoscere meglio le pareti, i canaloni di quella incredibile montagna che è il Pelmo. Quindi vale la pena provarlo.

A parte il mio caso in cui sono partito da Zoppè, penso la soluzione migliore sia iniziare il giro dal Passo Staulanza.

Come sempre ….. Buona Montagna!

Dimenticavo …… perchè l’ho chiamata TransPelmo a ostacoli? Ho ripreso il nome dalla corsa che viene fatta attorno al Pelmo tutti gli anni, però ho fatto il percorso con 15 kg di peso di materiale e …… lo zaino che si è rotto nell’ultima mezz’ora di cammino lasciandomi con una sola cinghia a tenerlo sulle spalle …… più ostacoli di questi 🙁

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Sentiero Bepo de Medil – Catinaccio – 1/9/14

Ci avevo pensato, preso qualche informazione al Rifugio Gardeccia, avevo cercato di intuire come si sviluppava il sentiero ….. me ne ero fatto un’idea assolutamente vaga. Alla fine dovevo andarci e provarlo.

Così parto, in una giornata seguente ad una leggera nevicata che aveva lasciato un velo bianco sulle superfici delle rocce dai 2300m in sù, alla volta del sentiero Bepo de Medil.

IMG_2932guardando dallaltoIl sentiero parte dal rifugio Gardeccia. Si deve seguire l’indicazione per il sentiero panoramico, che sale la valle del Vajolet sulla sinistra orografica del torrente …….

Il sentiero è ben evidente, sale con buona pendenza, passa un primo vallone ampiamente franato , dove sono presenti le tracce di passaggio degli escursionisti, quindi sale progressivamente fino alla quota di 2300m, dove si trova un segnavia che indica il percorso per il rifugio Vajolet e il Gardeccia. E’ qui che si abbandona il sentiero panoramico, e si prende a destra in corrispondenza di un evidente canalone alla base del quale si trova una bollatura rossa.

IMG_3040CatinaccioSi entra nel canalone e con fatica si avanza. Il ghiaino è ben presente e rende faticoso l’avanzare. Si procede per una cinquantina di metri e poi si prende decisamente la destra dove si entra nell’ultimo e più angusto canalino. Qui si trovano le corde posizionate da Giuseppe de Silvestro negli anni 30. Sono in cattivo stato, ma questo non è un problema, tutt’al più è consigliabile far attenzione a non ferirsi su parti di cavo rovinate.

Assolutamente consigliabile indossare un caschetto. Il canale è stretto e la caduta sassi potrebbe essere pericolosa. Si arriva dopo poco ad un salto, 2 m scarsi di roccia dove è presente uno scalino in posizione poco utile. Nel tempo si è persa un’altra corda che aiutava a superare il passaggio. Qui gli appigli sonoIMG_3071Salto e corda pochi, personalmente ho risolto il passaggio alzandomi con le braccia e facendo poi leva sul gradino con la gamba destra. Superato questo passaggio c’è un’altra corda dove ci si può tenere in equilibrio per un breve tratto e poi si esce fuori dal canalone.

Punto panoramico sul versante ovest della Valle del Vajolet e su un vallone del tutto IMG_0704Mufloninascosto agli occhi da fondo valle, dove ho trovato un branco di mufloni. Da qui si continua su pendio roccioso senza difficoltà fino alla confluenza con la traccia che arriva dalla Busa di Larséch. Si continua verso la vetta. C’è solo un passaggio da fare attenzione, ove ci si abbassa di poco, si perviene a un intaglio, si risale un blocco di roccia e ci si porta senza più apprensione alla agognata cima. Qui si trova la croce posta da Giuseppe de Silvestro e benedetta da Don Tita Soraruf in memoria dei caduti di tutte le guerre.

Catinaccio dalla palaLa sensazione di essere in questo posto è di quelle che si ricordano. Come spesso capita abbandonare questa cime e il panorama che regala non è facile.

Scendo ripercorrendo il sentiero dell’andata fino al bivio che porta alla traccia che scende alla Busa del Larséch . La traccia è ben evidente e porta alla base della forcella delle Poppe. Da qui si può proseguire a destra verso il sentiero delle Scalette o a sinistra verso il Passo delle Pope. Forcella delle PopeProseguo a sinistra, con meta cima Scalieret. Terminata la discesa dalla Pala si risale per un centinaio di metri e si perviene presso un pianoro dove arrivano due distinti canalini. Uno di questi era presente nella vecchia Carta Tabacco come sentiero di discesa. Oggi non lo è più e nemmeno il gestore del Gardeccia lo ricorda. Non consiglierei quindi discese da qui. Il panorama è però molto bello, e vale la pena di sporgere la testa verso la valle del Vajolet.

Si sale ancora, circa duecento metri per raggiungere il Passo delle Pope. Qui le alternative sono prendere a sinistra il sentiero Don Guido e scendere al Rif. Vajolet o salire in Scalieret a destra. Prendo a destra per la Scalieret. Sono circa duecento metri di salita, non difficili ma faticosi per il terreno fatto di ghiaino scivoloso. Frequenti zig-zag portano in una mezz’ora in cima. Altro grande panorama, forse uno dei migliori del Catinaccio. Qui si può firmare sull’approssimativo libro di vetta, che più che altro sono fogli di vetta posti all’interno di una scatola metallica fissata sulla croce.

Panorama salendo alla ScalieretLa giornata è molto particolare: c’è neve appena caduta, l’avanzare richiede attenzione e per fortuna ho con me i ramponi che mi garantiscono ottima tenuta soprattutto nelle zone dove è presente del vetrato.

Ora continuo in direzione Passo Antermoia, lungo la cresta e poi ridiscenderò la valle del Vajolet.

Catinaccio d'AntermoiaLa cresta presenta solamente un tratto dove porre attenzione, appena sotto la cima. Si passa su terreno friabile molto stretto tenendosi alle rocce, o in alternativa si sta un po’ più alti e si ridiscende sulla traccia. Per il resto della cresta non ci sono problemi, piacevolissima e super panoramica. Verso la fine la cresta svolta a est, si scendono alcuni metri su rocce con terreno friabile e ci si pone su un’altra traccia che porta sotto al passo Antermoia. Continuo per il Passo Principe, scendendo per l’ultima mezz’ora quel pendio che ho percorso moltissime volte in quest’anno, e arrivo così al Rif. Principe.

Da qui in poi è una discesa lungo uno dei sentieri più battuti delle Dolomiti.

Busa di Larséch dalla Pala di MesdìQuesta Pala di Mesdì me la sono proprio gustata, una bella soddisfazione, un itinerario che ripeterò e lungo il quale porterò mio figlio quando sarà pronto per questi dislivelli!

Buona montagna!

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