Escursione alla Pala di Mesdì 2758m, nel gruppo del Catinaccio

La cima della Pala di Mesdì
  • Partenza: abitato di Muncion 1500m
  • Dislivello complessivo 1400m
  • Tempo necessario: 8 ore senza soste
  • Attrezzatura: caschetto, imbrago
  • Acqua: poca alla base delle Scalette
  • Difficoltà: EEA

Si parte

Parto dall’abitato di Muncion, in un’epoca in cui i pulmini che trasportano le persone a Gardeccia non sono più disponibili per disposizioni comunali.

Seguo la strada asfaltata fino a Gardeccia 1946m, tempo necessario circa un’ora con buon passo.

Da qui prendo il sentiero 583 delle Scalette, che tante volte ho già percorso. Questo sentiero attraverso la base dei Dirupi del Larsech da ovest a est, per circa 40 minuti senza quasi alzarsi di quota.

Un caratteristico anfratto lungo il sentiero

Si arriva quasi alla base della salita che porta al Passo delle Scalette.

Fino a qualche tempo fa c’era una comoda traccia che portava alla base della salita. Ora questa traccia ha avuto continui smottamenti nel tempo, non è più stata manutenuta ed è stato creato un percorso attrezzato alla base delle rocce, che andrebbe affrontato con adeguata attrezzatura (caschetto e imbrago). Si passa di traverso la base delle rocce, tenendosi alle corde e utilizzando anche dei ferri a U predisposti. Il tratto attrezzato ha uno sviluppo di 60-70m, quindi in 10 m si può completare il passaggio.

Inizia quindi il tratto di salita lungo i vari sfasciumi della gola. Dopo un primissimo tratto in salita, si scende di pochi metri per riprendere la salita seguendo la traccia che tende a sinistra. Spesso in questo tratto a fine primavera si trovano tratti di neve. Si prosegue, si sale qualche tratto comodo di I° grado e a quota circa 2300m si trova un successivo tratto attrezzato, che inizia con alcuni gradini e poi piega in modo trasversale a destra.

L’ultimo tratto attrezzato delle Scalette

Arrivo al Passo delle Scalette

Dopo un centinaio di metri di dislivello su pendio consistente si scollina al Passo delle Scalette a 2348m. Qui si apre la bellissima Busa di Larsech, pianoro verdeggiante che si adagia tra i Dirupi di Larsech e i lunghi crinali della Cima Scalieret e Larsech.

Riprendo la marcia in direzione ovest, ai piedi dei ghiaioni dei Dirupi e verso il P.so delle Pope guardandomi in giro e ascoltando se sento qualche verso di marmotta e su questo tratto in piano rilasso un po’ i muscoli.

La Busa di Larsech

Dopo un primo tratto in salita si trova una nuova radura costellata di blocchi di roccia e qualche chiazza verdeggiante, dove si notano dei vecchi pali di legno. Al limitare superiore del pianoro parte evidente una traccia che sale in direzione sud-est verso la Pala.

Parto per la vetta

La traccia si inerpica con buon pendio, e si è subito a lato di una ampia parete. Si rimane piuttosto vicini a questa parete, circa a metà insiste un canalone franoso, probabilmente diventa lo scolo delle acque durante le piogge, che taglia la traccia e rende infido il prosieguo.

Verso la Cima della Pala

Si tiene la destra sotto le rocce, si sale un salto di roccia e si continua liberamente su terreno friabile e instabile. Dopo poco si arriva al termine di questa muraglia di roccia, laddove vi è il bivio con il sentiero del Bepo de Medil, che arriva da Gardeccia.

Si continua per chiara traccia tenendo la destra di un grande masso, lo si aggira così e si rientra verso sinistra, laddove vi è la linea di congiunzione di due grandi canaloni, e una piccola cresta che li unisce. Il terreno è friabile e infido, con attenzione si scende alla crestina di congiungimento dei due canali. Qui si presenta un salto di roccia di un paio di metri, ben appigliato. Lo si supera in salita piegando leggermente a destra, mentre dopo la traccia sempre su terreno friabile piega inaspettatamente a sinistra su dei salti in salita, qualche flebile segno rosso e sopra un ometto di pietra segnano il percorso. A questo punto la traccia piega a destra, su un punto in leggera esposizione, ma arrivati fin qui non desterà preoccupazione e quindi si inerpica direttamente verso la cima. Si passa sulla destra di un’altro enorme masso che contraddistingue il percorso, poi si arriva su un’anticima, appoggiata sulla sinistra a un muretto di roccia. Ora si vede la cima con la caratteristica croce di legno.

Da destra, la Pala di Mesdì e il Grande Cront, con la traccia di salita alla Pala
Da destra, la Pala di Mesdì con il tracciato di salita e il Grande Cront

Si segue la stretta traccia lasciando a sinistra il muretto di roccia, si superano altri massi posti a protezione di chi vorrà rimanere in quota e si arriva alla superba cima. Da qui si può godere di un impareggiabile panorama, fatto di guglie e vertiginosi precipizi.

La croce di vetta è ancora realizzata con i vecchi legni del 1930, portati quassù da Don Tita Soraruf, in onore dei caduti di tutte le guerre.

Don Tita Soraruf

Essere in vetta

In vetta alla Pala di mesdì

Dopo essermi goduto il panorama rientro per il medesimo percorso. Alla base del sentiero, in corrispondenza del pianoro circa a 2500m, seguo la traccia che porta al Passo delle Pope 2720m.

Da qui prendo il sentiero Don Guido e scendo verso il Rifugio Vajolet.

Dal Passo delle Pope, veduta sulla Valle del Vajolet

Il Don Guido è un sentiero non ufficiale CAI, ma abbastanza frequentato, visto che consente di realizzare un bel giro ad anello tra Rifugio Vajolet e Cima Scalieret.

E’ un sentiero con forte pendio, su tratti di roccia, direi adeguato per escursionisti esperti. Scende a zig zag per poi piegare verso sud sui 2350m, un ultimo tratto di canalino su roccia infido e quindi guadando il torrente si perviene al Rifugio Vajolet 2245m.

A questo punto per comodo sentiero 546 si perviene a Gardeccia e qui completo l’ultima ora in discesa verso Muncion.

Commenti? Osservate le immagini, parlano da sole 😊

Alla prossima!!

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Cima della Busazza 2893m – Gruppo della Civetta

Partenza: Val Corpassa, Capanna Trieste 1135m
Arrivo: Cima della Busazza 2893m
Dislivello: 1800m
Difficoltà: alcuni passaggi di I° grado e un passaggio di II-
Dotazione: escursionistica

Obiettivo il cocuzzolo in alto a sinistra, Cima della Busazza
La Cima della Busazza dalla Capanna Trieste

Vi racconto quella che per motivi diversi è stata la mia incompiuta del 2009 … e portata a compimento nel 2019!

Già ci avevo provato in dicembre 2008 e in estate 2009 due volte. La prima volta in luglio, con un calcolo un po’ tirato e soprattutto pensando di andare a farvi il tramonto. Però il meteo me lo aveva sconsigliato una volta arrivato al Van delle Sasse. Una seconda volta ci ho provato in agosto, e questa volta tutto poteva andare bene …… ma non sono riuscito a rimanere nei tempi prefissati per il ritorno.

Questo giro l’ho sempre impostato da Capanna Trieste, notissimo bar posto a quota 1135m, situato alla fine della Val Corpassa.

Dalla Capanna Trieste e per circa 500m di dislivello si segue la strada forestale che porta sui Piani di Pelsa e al rifugio Vazzoler. E’ una strada per nulla riparata, d’estate si rimane sotto il sol leone fino a quota 1600m e si suda assai, anche se il pendio è agevole.

L’acqua qui è abbondante, si incrocia un torrente prima a 1300m di quota e poi più avanti dopo il bivio tra i sentieri che portano al Van delle Sasse e al Vazzoler. Il primo torrente passa su un ponticello di ferro con corri mano. Qui comincia la salita con una serie di tornanti e un pendio mai elevato. La stradina comunque prosegue fino a quota 1900m circa. Poco prima del guado del secondo torrente c’è il bivio che porta al Van delle Sasse. Qui si lascia la strada forestale e si va a destra. Il sentiero diventa stretto e avanza in mezzo agli alberi. Dopo poco si arriva sotto alla Torre Trieste. Il sentiero non presenta difficoltà, ma ricordo bene che proprio qui in questa zona è scomparso 14 anni fa un giovane di 28 anni. Sempre attenzione quindi.

Da sotto la Torre Trieste si gode della visuale su tutta la Val Corpassa e che si allunga fino all’Agner. Ora il sentiero scende per una trentina di metri, poi riprende in leggera salita. Dopo qualche minuto si comincia la salita vera fino al Van delle Sasse. Da ora il sentiero sale inesorabile, facile, senza difficoltà alpinistiche, ma con buona pendenza. A quota 2000m si arriva ad un piccolo pianoro, neanche il tempo di prendere il fiato che si riparte su salita con ghiaino. Qui mancano ancora 400m al Van. Ora il sentiero va in direzione nord, sempre con buona pendenza. Arrivo in 3h circa al Van delle Sasse da Capanna Trieste. Qui si va a sinistra per i lastroni e si fiancheggia la base della Busazza. Sembra un attimo breve, ma invece il tempo passa inesorabile. Si gira la base della Busazza e ci si ripresenta sul versante sud, che è da salire su terreno scivoloso, della serie un passo avanti e due indietro.

Qui si perde completamente il sentiero. A destra non si può salire, rimangono due canali a sinistra: è da prendere quello ripreso in foto che presenta dei passaggi di primo grado su un primo pendio, seguito da un breve tratto di sfasciumi, quindi un muretto di secondo che si risolve più facilmente affrontandolo sulla paretina di destra.
A questo punto si piega a destra, si traversa un colatoio, si sale un primo risalto di I° e quindi un successivo sempre sul I°. Si sale sulla destra ancora e poi gradatamente si piega verso ovest seguendo gli ometti sempre presenti. Il percorso disegna quasi una S partendo dalla base della Busazza. Ci si allunga ora verso la alta parete ovest, sempre per sfasciumi ci si alza sul suo bordo occidentale e per brevi salti si perviene alla agognata cima a 2893m.

La Cima è molto spaziosa e si allunga per una cinquantina di metri con due ometti di pietra presenti appena arrivati. Doveva esservi un libro di vetta ma non l’ho trovato

La discesa si fa velocemente. Con attenzione fino al basamento della Busazza, dove l’abbondanza di ometti e una traccia nel ghiaino fa scendere più sotto della traccia corretta. Così capita come a me, che mi sono ritrovato più basso, in un punto che chiaramente non avevo percorso all’andata e quindi sono risalito con fatica. Arrivati alla base della Busazza i problemi sono terminati, si rientra al Van delle Sasse e si rriprende il percorso di salita, ove gli 800 m di dislivello fino alla strada forestale si possono percorrere in non più di un’ora, per il sentiero che si lascia percorrere in velocità. La cosa più fastidiosa nella discesa sono quei 30m di salita sotto alla Torre Trieste, che dopo aver fatto già tanta salita e discesa un po’ disturbano.

Per il resto la strada forestale è più una noia, è la parte di sentiero che meno mi piace.



Rientrati a Capanna Trieste si può guardare la Cima della Busazza, dove si era fino a 3 ore prima 😊

Il percorso con la sua traccia GPS

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Calendario Dolomiti 2020

Tredicesimo anno …. quando mi guardo indietro penso a tutte le escursioni, notti, vissute nelle Dolomiti.

Anche quest’anno pubblico un calendario con le mie foto dell’ultimo anno, come sintesi di quanto ho vissuto tre cime e valloni.

Spesso le montagne sono le medesime, ma cerco sempre qualche connotazione diversa e la presenza di una nuova emozione.

Anche quest’anno il calendario è verticale, con dimensioni 29x43cm, su 13 fogli! Grammatura 200g/m2

E’ una edizione limitata. Il costo è contenuto a 8 euro.

Volentieri lo consegno a mano per chi è della zona tra Venezia e Ferrara, a volte trovo il modo di essere presente anche in zona Treviso.

Ci si può sentire, giro parecchio per lavoro e magari si trova un punto di incontro ed evitare 10 euro di spedizione!!

Di seguito riporto le pagine del calendario complete del datario, per chi lo utilizza anche … per scrivere i propri appuntamenti!!

Per informazioni mi potete scrivere: tom@passeggiando.it

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Invernale alla Manstorna

Siamo al 7 gennaio. La stagione è perciò senza dubbio quella invernale, nella pratica non si capisce bene. Quest’anno la neve è scesa in minima misura. Se ne trova solamente sopra i 2200m in versante sud. E’ un periodo ancora buono per tentare cime di alta quota, visto che i sentieri sono nella parte bassa liberi dalla neve, e in quota la neve risulta poca e fortunatamente ghiacciata. Camminare anche in alta quota è possibile solo con l’ausilio dei ramponi.

Rif Treviso

Rifugio Treviso

L’idea in questa giornata è salire la Manstorna, 2816m, cima che domina sulla Val Canali, nel settore centrale delle Pale di San Martino. Verrà con me Stefano. 

La partenza: si arriva in auto dal Primiero o da Passo Cereda, circa a metà tra il Passo Cereda e Transacqua si imbocca la strada asfaltata della Val Canali. Qui arrivati al Cant del Gal si prosegue a destra per 1,3 km fino alla sbarra a 1300m . Qui si parcheggia.

Partiamo tranquilli, la strada è lunga. Il dislivello complessivo è 1600m. Il primo pezzo fino al torrente è una strada sterrata, un po’ noiosa che ci conduce fino al Pian delle Lede a 1400m.

Riflesso sul ghiaccio

Riflesso sul ghiaccio

Qui sorpassiamo il torrente ghiacciato e proseguiamo lungo il sentiero 707 per il Rifugio Treviso. Ancora per poco si è su strada sterrata, si costeggia la sinistra orografica del torrente per 10 minuti e poi si entra nel sentiero nel bosco. Si sale per tornanti successivi. Sono circa una decina e permettono di arrivare con poca fatica ai 1630m del Rifugio Treviso (Tel. 0439 62311). Qui facciamo una pausa e ci togliamo gli indumenti più pesanti che ci siamo tenuti per questa prima parte di percorso, dove la temperatura era di -11°C. Dopo poco riprendiamo il percorso; la prossima tappa sarà il Passo Canali a 2470m. Il sentiero è una lunga e dolce salita. Dobbiamo salire di quota fino alla testata della valle e poi continuare verso nord in direzione del Passo. 

Il primo tratto è ancora in mezzo al bosco. Si continua prima in falsopiano su uno stretto sentiero, si passa per lo spiazzo dove atterra l’elicottero d’emergenza, e quindi si comincia la salita. Si esce dal bosco e si passa per un colatoio dove la traccia si fa per poco labile, ma anche se si resta più sotto poi la si riprende facilmente. Tutto il sentiero è evidente fino a Passo Canali, e la poca neve facilita in ciò. A 1800m si piega sulla destra e si salgono alcuni comodi gradoni incastrati fra la roccia. Si sale così su un terrazzo ove si procede in direzione est. Si passa sotto a Punta Anna, che guardandola da sotto mi fa sempre impressione: questa cima sembra cadere a strapiombo sul sentiero e ogni volta la guardo con circospezione; si attraversa qualche ulteriore colatoio dove si salta di masso in masso sempre con facilità. A 2150m si incrocia il bivio per la Ferrata Fiamme Gialle che conduce ai piedi della Croda Granda. Si procede a sinistra sempre in leggera salita. Attorno ai 2200m incontriamo la prima neve ghiacciata e poco dopo, con sorpresa, incrociamo quattro belle pernici variabili. L’occasione è ghiotta per qualche foto a questi bellissimi volatili. Continuiamo e ai piedi della Cima dell’Orsa decidiamo di indossare i ramponi; ci attende un traverso che ci porta su delle roccette e la neve è ghiacciata. Passiamo questo tratto con circospezione, la traccia è stretta. Subito dopo si entra nel canalone che conduce diretti al Passo e che risulta essere la via normale di salita quando c’è molta neve.
Ancora una rampa in salita e si arriva al Passo Canali. 

Val Canali

Val Canali

cresta di vetta

cresta di vetta

Qui mi guardo in giro, il panorama è sempre avvincente: di fronte la forcella alta del ghiacciaio, a destra le Buse e in lontananza la Civetta. Qui valutiamo il da farsi. Dirimpetto a noi, sulle creste che delimitano le Buse Alte, intravvedo una persona. Andiamo. Questa persona scompare dalla nostra vista. Ho l’impressione che sia andata verso la forcella delle Buse Alte. Si scende di una cinquantina di metri, per poi risalire. A questo punto si va alla cima della Manstorna. Vista la presenza della neve, e anche piuttosto dura, riusciamo a mantenere una traiettoria di traverso alla Manstorna senza perdere quota, buona cosa!
Riusciamo così a passare sotto alla Manstorna e a portarci sul suo versante ovest da dove è più facile risalirla. Quindi appena possibile la prendiamo in salita e affrontiamo le ultime rampe che ci portano in vetta. La vetta è particolare, è fatta a forma di cratere, con una sottile cresta che corre attorno per buona parte.
La giornata è fredda, ma soprattutto molto ventosa. Non si resiste a lungo, perciò decido di rientrare senza aspettare il tramonto. Per la discesa scelgo una strada diversa fino al Passo. Si scende il primo tratto e quando ci troviamo nel vallone che sostiene la Cima dei Lastei e la Manstorna prendiamo in direzione nord una traccia che ci porta in un canalone che ci permetterà di evitare un bel tratto di strada. Il canalone è ripido, in parte ghiacciato. Dobbiamo cercare di evitare i tratti più ripidi e i salti deviando leggermente. Io mi diverto, un po’ meno Stefano 🙂 . Impieghiamo dei buoni 25 minuti per aver ragione del canalone e raggiungere le tracce dell’andata. A questo punto il rientro continua senza problemi. Ciò che più ci impegna è la ricerca del miglior punto ove osservare il tramonto. In questo periodo so che la Val Canali riserva dei spettacoli eccezionali. Vedere le foto per credere!

Dopo il tramonto si riprende la discesa e arriviamo all’auto dopo aver acceso la pila frontale, soddisfatti di questa bellissima ascesa!

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Da Andalo al Rifugio Pedrotti alla Tosa

Segnaletica al parcheggio Valbiole

Quello che presento è un lungo percorso, che dal parcheggio di Valbiole 1193m, a cui si arriva da Andalo, permette di entrare nel cuore delle Dolomiti di Brenta, al Rifugio Pedrotti 2491m.

Dislivello : 1400m
Difficoltà : EE per la lunghezza del percorso
Dotazione : normale da escursionismo
Tempo di salita : 4h 30′

Da Andalo si segue la strada che porta al parcheggio di Valbiole da dove parte la strada (non percorribile dai non autorizzati) per il Rifugio “La Montanara”, una delle più belle terrazze panoramiche sulle Dolomiti di Brenta.

Rifugio Brenta

Partiti dal parcheggio si segue la strada, asfaltata pure, per 15 minuti circa, fino alla Baita Pineta 1304m. Qui si prende decisamente a sinistra, con ottima indicazione dei segnavia che indicano 4h per il rifugio Pedrotti. Ora la strada diventa sterrata ma sempre larga e percorribilissima. Altri 20 minuti circa e si perviene al Rifugio Brenta posto a quota 1367m. Qui si incrocia anche la seggiovia che conduce al Rifugio “La Montanara” .

Sentiero per il Rif. Croz dell’Altissimo

Si entra ora nel bosco e finalmente in un sentiero, il 340, degno di questo nome. Si resta per quasi un’ora in quota, con pendio sempre dolce ora in salita ora in discesa. Dopo una prima parte nel bosco, si esce e si cammina ai piedi della parete del Croz dell’Altissimo, su un sentiero largo, con precipizio verso valle, tanto che spesso delle corde lo delimitano verso valle. Per coloro che soffrono in modo acuto di vertigini forse non è un sentiero indicato.

Interno Rifugio Croz dell’Altissimo

A parte questa postilla, il percorso è spettacolare. Si arriva al rif. Croz dell’Altissimo 1450m ancora tra gli alberi. Il rifugio è gradevole, non troppo grande. Vi si arriva anche da Molveno, attraverso una strada riservata al gestore.

 

 

 

Rifugio Selvata

Si prosegue ora per 40min attraversando la valle verso il Rif. della Selvata 1657m. In questo percorso si trovano alcuni tratti di corda e alcuni ponticelli di legno che aiutano a superare dei tratti scivolosi. Ci si proietta nel Pian della Selvata poco prima di arrivare al rifugio omonimo. Il Rifugio offre un impatto davvero ospitale, aperto su una radura soleggiata con tavolini e i bimbi trovano il modo di giocare.

Baito del Massodi e Brenta Alta

Si riparte velocemente, il sentiero si sviluppa con continui zig-zag, sempre ben indicato. Verso la fine della salita prima di arrivare al Baito del Massodi a 1986m si incrociano dei ruscelli ove abbeverarsi o per lo meno fare rifornimento d’acqua. A quota 1950m si scollina e si presenta il Baito, in una bella radura, verdeggiante e riposante, proprio l’ideale per una pausa. Si riprende, si superano due successivi pendii fino ad arrivare ad un’altra conca che proietta verso il rifugio Pedrotti.

Rifugi Tosa e Pedrotti

Lo si vede in distanza, sembra di essere già arrivati, ma manca ancora parecchio. Dopo un breve tratto in falsopiano il sentiero sale a zig-zag fino ad arrivare ai piedi del costone di roccia su cui poggia il Rifugio. Lo si prende da sinistra, si cammina a tratti di traverso al pendio su roccia, ponendo attenzione si esce prima all’altezza del vecchio Rifugio Tosa e poi al cospetto del Pedrotti e della Cima Brenta Bassa che lo sovrasta.

Notturno con nuvole da Bocca di Brenta

Raggiunta la meta a questo punto si può allungare di 15 minuti il cammino e arrivare alla Bocca di Brenta 2552m, dalla quale ammirare il panorama della Val Brenta Alta e intravvedere il Rifugio Brentei.

 

 

 

Campanile Basso di Brenta all’alba con una colorazione inusuale

L’idea a questo punto è di prolungare il cammino fino al Campanile Basso di Brenta lungo il sentiero 303. Dalla Bocca di Brenta si scende di una decina di metri e poi si prende a sinistra una traccia nella ghiaia che scende nel vallone, tagliando così una parte di sentiero. Tra sfasciumi vari, in parte liberamente e in parte seguendo qualche traccia si perviene al sentiero 303 che scende dal Pedrotti. Prosegue di traverso in un leggero sali e scendi, fino a portarsi ai piedi del Campanile Basso in circa 30 minuti. Poco oltre il bivio tra il sentiero Spellini e il sentiero Orsi, sempre liberamente, si prende il pendio a destra che scende tra prati verso il Baito del Massodi. Si arriva quindi a prendere il sentiero 319 circa a quota 2150m e a questo punto si torna al punto di partenza per la medesima strada seguita all’andata.

Con questa divagazione si apprezza meglio questa zona delle Dolomiti di Brenta, senza per altro affaticarsi. Un piccolo giro ad anello ai piedi delle Cime di Brenta.

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Un’escursione al Campanile di Val Montanaia

Quella che propongo è una classicissima escursione, che porta al Campanile di Val Montanaia, una struttura ardita, isolata nel mezzo della valle, che un architetto geniale milioni di anni fa ha realizzato con una lenta e costante progressione.

Il fantasma

Il fantasma

Vi si arriva percorrendo in auto la Val Cimoliana per circa 14 km, fino ad arrivare al parcheggio del Rif. Pordenone, circa a quota 1200m. Da qui si prende il sentiero 353 che si dirige a nord e risale l’ampio ghiaione che incide la valle.
La via di salita non è univoca, vari rami si inerpicano lungo il ghiaione, sempre ben individuabili dalle tracce sul terreno e dai numerosi ometti di pietra che sono stati disseminati lungo il percorso.
Si sale su buona pendenza, il ghiaino non disturba troppo, di solito seguo la traccia alla destra orografica del torrente, comunque cambia poco.

Si procede in questo modo fino a quota 1600m. Qui per poco il terreno cambia; si continua  quindi di traverso , si guada il torrente e lo si risale costeggiandolo e a volte passando sul medesimo greto. Zona questa di sfasciumi, sassi, briciolino ….. non ci si annoia 🙂

sensazioni al campanileSi esce da questo terreno e si entra in un sentiero che procede per poco su ampi zig zag. Dopo poco si arriva sui 1900m ai piedi del Campanile di Val Montanaia. Si erge prepotente, ma da così sotto non se ne indovina la grandezza. Su forte pendenza la traccia scavata sui sassi continua a zig zag. Un divertimento la discesa nella zona dove il ghiaino è più presente. Dopo il primo strappo la traccia si sposta proprio sotto al Campanile in un traverso lungo e in salita, fino ad uscire nel prato che accompagna il Campanile e dove si appoggia il Bivacco Perugini 2060 m.

Da qui si può continuare verso la Forcella Montanaia 2333m per avere una vista complessiva sulla valle e avere una prospettiva dall’alto sul Campanile, o deviare verso nord e salire la Cima Emilia, una delle Cime più abbordabili della zona.

Qui di seguito propongo un filmato che presenta alcune immagini della salita e due timelapse ricavati in notturna in due momenti diversi, con la luna e senza.

Ecco il video!

Vi auguro buona visione !

Nel corso delle mie serate aventi tema Dolomitico, le mie presentazioni sono realizzate con filmati che assomigliano a questo, in cui unisco la presentazione dei sentieri, della natura e delle cime ad immagini d’effetto e timelapse notturni. Se interessati contattatemi 

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Calendario 2017 – 10° anno

Per il decimo anno ho realizzato il mio calendario “Dolomiti 2017”, con foto solo ed esclusivamente di montagne facenti parte delle Dolomiti.

E’ sempre un momento particolare , mi ha impegnato nel cercare tra le migliaia di foto quelle che più rappresentano l’ultimo mio anno sulle montagne; le foto presenti sono state scattate da ottobre 2015 a fine settembre 2016.

Un anno bello, passato sempre intensamente e con la stessa energia, alla ricerca del “non visto”, altre volte alla ricerca delle situazioni stagionali, come il disgelo. 

Questo è stato per me l’anno dei rifugi, un progetto al quale ho collaborato insieme con altri fotografi con l’obiettivo di mappare fotograficamente tutti i rifugi del Trentino. Un progetto molto interessante, soprattutto dal punto di vista umano, che mi ha portato a conoscere e a parlare con molti rifugisti, conoscerli, parlare della complessità del loro lavoro, come lo interpretano ….

Il mio anno fotografico si chiude con la pubblicazione del calendario, e qui tiro le somme del lavoro fatto. E’ il mio capodanno fotografico!

Ecco di seguito le pagine del calendario con la descrizione  della location e tutte le informazioni relative. Alla fine il modulo per la richiesta!

Informazioni tecniche:

Calendario da muro, formato verticale
Dimensioni 40Lx49H cm, le foto sono nel formato magnum 30×45
Carta da 300g/m2
7 fogli fronte-retro + un foglio bianco sul fondo
Spirale sul bordo corto
Stampa Offset di qualità

Il costo del calendario è:
Una copia 9 euro + 9 euro spese di spedizione con corriere e arrivo in un giorno lavorativo con confezione anti piega. La spedizione dispone di tracciatura via web

Due copie 8,5 euro ciascuno + 9 euro di spedizione con corriere e arrivo in un giorno lavorativo con confezione anti piega. La spedizione dispone di tracciatura via web.

Tre copie 8,0 euro ciascuno + 9 euro di spedizione con corriere e arrivo in un giorno lavorativo con confezione anti piega. La spedizione dispone di tracciatura via web.

Il pagamento potrà essere effettuato mediante bonifico bancario o PayPal o per contanti nel caso di consegna a mano. Contattatemi per le prime due modalità di pagamento, fornirò le coordinate relative.
Al momento della spedizione sarà fornita foto del pacco realizzato con il modulo compilato della spedizione.

Nel limite del possibile sono disponibile alla consegna a mano

Per festeggiare il 10° anno dell’edizione, fino al 20 novembre do’ la possibilità di acquistare a prezzo speciale uno dei seguenti libri per ciascun calendario acquistato, un’ottima idea per i vostri regali:
1) Alla ricerca del Giardino di Re Laurino –> prezzo speciale 15 euro link alla presentazione del libro
2) Uno tra i due volumi “Il volto nascosto delle Dolomiti” –> prezzo speciale 3 euro link alla presentazione dei volumi
In caso siate interessati a una di queste proposte, potete inserire la richiesta nel modulo al campo “Altre informazioni”

 

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Il trittico dei fantastici sentieri in Catinaccio

Insieme alla Busa di Larsech

Insieme alla Busa di Larsech

Una delle mie convinzioni, che ripeto fino alla noia, è che andare in Catinaccio deve voler dire lasciarsi trascinare da questo gruppo, e procedere alla sua scoperta, cercando nuovi sentieri e nuove suggestioni.

In questa giornata, in sette compagni di ventura, abbiamo attraversato il Catinaccio unendo i tre sentieri più remoti e meno frequentati: la Fantastica Fessura, il sentiero Paola e il Bepo de Medil. Gli ultimi due sono già stati qui commentati e presentati, ora mi soffermerò soprattutto sul primo, la Fantastica Fessura. Questo è un sentiero scoperto da Don Tita Soraruf, il cappellano degli anni ’20, che dedicò molto tempo all’esplorazione del Catinaccio. Il nome a questo singolare crepaccio lo coniò proprio lui, la Fantastica Fessura (che molti fraintendono 🙂 !!!)

L'ingresso della Fantastica Fessura

L’ingresso della Fantastica Fessura

La Fantastica Fessura è effettivamente un intaglio nella roccia, alto fino a 200m circa, il cui fondo pian piano si alza fino a portare l’escursionista all’uscita in prossimità della base del Polenton.

Vediamo ora in dettaglio il percorso:

Partenza da Muncion 1500m, paese posto sulla strada per il Rifugio Gardeccia. Si prende il sentiero 579 che dopo il bivio con Mazzin prende il numero 580.
Si procede fino a quota 1700m, in corrispondenza del grande colatoio che scende dalle crepe di Lausa. Si procede liberamente lungo il colatoio dove risulta più facile camminare.

Sulla destra, da subito, ai limiti del colatoio si intravvede un enorme masso. Subito dopo questo masso, si salta in cima al terrapieno che limita il colatoio e si distingue flebile una traccia nel terreno. Si segue questa traccia, che sale con decisione e forte pendenza. Tra vari tornanti ci si sposta dapprima lentamente verso est, poi con maggiore decisione in diagonale su terreno in forte pendenza.

Il guado del torrente

Il guado del torrente

Questo è un sentiero decisamente ostico, che non consiglio di fare se non siete avvezzi ai terreni accidentati ed esposti.

Si continua alla base della parete del grande contrafforte che sostiene il Polenton fino a incrociare il torrente che genera le cascate di Soscorza e che scende dall’Antermoia.
Il guado del torrente deve avvenire con circospezione. Se si scivola per qualsiasi motivo si troverà un salto di un centinaio di metri. Noi avevamo una corda di 12 m che abbiamo usato per assicurarci e attraversare in sicurezza il torrente. Per uscire dal letto del torrente ci si eleva di un buon metro e mezzo con gesto atletico su un masso.

Da qui inizia un tratto di almeno 200m in salita impegnativo. Su roccia buona, la pendenza è dav

La dura salita taglia gambe

La dura salita taglia gambe

vero notevole e obbliga a porre sul terreno le mani. E’ un I° continuo in questo terreno. Terminata questa salita su perviene su zona prativa e si vede a sinistra la fessura. Per entrarci è necessario passare il torrente di nuovo.
Alcuni autori invitano a prendere la fessura da sotto, noi invece l’abbiamo aggredita secondo una linea trasversale a pari quota che perviene da destra. Il tratto è esposto e ha il punto critico in prossimità di alcuni mughi dove si passa con appigli poco accennati. Qui abbiamo posato la corda per sicurezza.
Si entra ora nella Fessura. L’ingresso è ampio, ma si capisce subito che tipo di ambiente è: umido, buio ….. ma assolutamente entusiasmante. Più che escursionisti sembra di essere speleologi. Si ha la netta impressione di entrare all’interno della terra, anche se ogni tanto si osserverà qualche fenditura dall’alto dove passa un filo di luce a ricordare il legame con il cielo aperto.

All'interno della Fantastica Fessura

All’interno della Fantastica Fessura

Il percorso di salita nella fenditura è vario. Non mi sono trovato con altre relazioni, forse perchè l’ambiente è poco trafficato e mutevole. Ad alcuni tratti assolutamente normali si alternano salti con difficoltà tra il II° e il III° grado. A rendere tutto difficile vi sono spesso il terreno friabile, le rocce umide, e gli scarponi scivolano nei piccoli appigli.
Vi sono un paio di punti più impegnativi prima di arrivare al tratto finale, dove si esce e dove la fessura si restringe e si passa a malapena. All’uscita invece che prendere una crestina sulla destra come menzionato in altre relazioni si è preferito stare bassi e seguire il fondo della fessura. Ripeto, penso che le condizioni del percorso non siano stabili, perciò ciò che scrivo oggi possa domani essere non più vero.

Sicuramente, per le mie capacità alpinistiche, non avrei potuto fare da solo questo percorso, per cui se non siete alpinisti consiglio di non fare questo percorso oppure di trovare chi vi accompagni, come ho fatto io, ancor meglio se vi farete accompagnare da una guida alpina.

Uscita dalla Fantastica Fessura

Uscita dalla Fantastica Fessura

L’uscita è surreale, si passa dalle “viscere della roccia” all’aperto. Non mi capiterà ancora!
Si è ora al cospetto del Polenton, un nome che la dice lunga sulla forma di questa montagna 🙂 . Ci spostiamo verso ovest, in direzione Crepe di Lausa. Non vi è sentiero, si procede intuitivamente a vista: si può scegliere di scendere di una cinquantina di metri per andare a raggiungere più sotto la traccia del sentiero Paola, oppure raggiungerlo più in alto, tagliando proprio sotto alla parete del Polenton. In ogni caso, tenere la medesima quota complicherà il tragitto, perchè si incontra un canale alquanto accidentato da passare.
Noi abbiamo preso una esile traccia più alta che transita sotto al Polenton, quindi tagliando il fronte di salita siamo pervenuti nel ghiaione che porta alla Forcella delle Crepe di Lausa Nord: ghiaione faticoso questo; prima si perviene in un ampio pianoro da dove, sporgendosi leggermente a est si intravvede il Rifugio Antermoia. Si sale verso le Crepe di Lausa Nord. A metà via, sulla sinistra in successione, si trovano due canali di salita: sfruttando il primo si perviene alle Crepe di Lausa Sud, con il secondo alla forcella dei Camosci.

Discesa lungo il ghiaione dalla Forcella dei Camosci

Discesa lungo il ghiaione dalla Forcella dei Camosci

Poichè il nostro obiettivo ora diventa la Pala di Mesdì, tentiamo l’avventura e speriamo tagliando per la forcella dei Camosci di arrivare più velocemente nella Valle di Lausa.
La salita su ghiaino friabile è sempre faticosa, mentre la discesa è impegnativa per la pendenza e il terreno assai sdrucciolevole. Se non siete equilibristi, un bel paio di bastoncini da trekking saranno molo utili.
Per nostra fortuna, e come suggerito dall’intuito, la discesa ci ha accompagnati proprio nella Valle di Lausa, dove su un verdissimo e morbido praticello abbiamo pranzato.
Da qui ci siamo spostati nella Busa di Larsèch per salire alla Pala di Mesdì, percorso “Bepo de Medil” già documentato al link presente all’inizio di questa relazione.
In questa giornata abbiamo percorso il sentiero Bepo de Medil al contrario rispetto a quanto presentato. Una necessità questa visto lo svolgersi della giornata. Se si deve andare in Pala di Mesdì consiglio di seguire il tracciato proposto nella mia relazione, quindi di percorrere il canalone in salita.
Dopo la salita alla cima siamo scesi per il sentiero Bepo de Medil e quindi al Gardeccia da Marco ci siamo bevuti una fresca e dissetante birra!

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Catinaccio d’Antermoia 9-9-14

Nel mio almanacco non era presente la vetta del Catinaccio d’Antermoia.

E’ la cima più alta del gruppo del Catinaccio e supera di soli 4 m quota 3000!

Ai piedi del Catinaccio poco prima di arrivare al Rifugio Vajolet

Ai piedi del Catinaccio poco prima di arrivare al Rifugio Vajolet

Parto quindi di buon mattino, per essere a Muncion alle 8 e poter salire sul primo pulmino. Calcolo errato, il primo pulmino per Gardeccia è full e anche il secondo. Ho imparato quindi che la fermata di Muncion è solo virtuale.

Continuo a piedi per la strada asfaltata che conduce al Gardeccia. Da Muncion 1500m al Gardeccia 1945m impiego 1h 5′ circa.

Saluto velocemente Marco, il gestore del Gardeccia, e proseguo velocemente lungo il sentiero 546; sono molto in ritardo sulla tabella di marcia. Passo via il Vajolet 2240m che raggiungo in circa 40 min., e arrivo al Rif. Principe 2600m in tre quarti d’ora. Inizio questo percorso per me nuovo.

Grande e Piccola Valbona dall'inizio del sentiero ferrato del Catinaccio d'Antermoia

Grande e Piccola Valbona dall’inizio del sentiero ferrato del Catinaccio d’Antermoia

Dal Passo Principe ci si alza camminando in direzione nord; si trova un canale di salita che procede con direzione opposta verso sud.

Inizialmente tutto è abbastanza semplice, ci si aiuta appoggiando le mani. Si esce dal canale, e la vista cade sulla Valle del Vajolet.
Si scende per una scaletta e si continua su una comoda banca. Si sale ancora per un intaglio ricavato su uno sbalzo di roccia dove si comincia a gustare il panorama che poi sorprenderà in vetta.

salendo il primo tratto

salendo il primo tratto

Si inizia ora a salire percorrendo la montagna in senso orario. Le corde non sono sempre presenti perchè in alcuni tratti il percorso diventa veramente facile; nel novero delle ferrate questo sentiero di salita è quanto di più facile abbia trovato.
Si arriva a vedere una gola che si getta sul versante nord, dove affiorano dal fondo la Croda dei Cirmei e il Cogolo del Lago. Un punto dove fermarsi e con circospezione osservare questo spettacolo di panorama.
L’ultimo tratto sale con forte pendenza e qui la corda metallica è di aiuto, mentre la vista vola a strapiombo sulla valle di Ciamin e il nugolo di cime che fanno da contorno.

Cresta e croce di vetta

Cresta e croce di vetta

Si arriva così alla cresta che conduce alla croce di vetta. Ho sentito da qualche guida che il tratto di cresta di vetta sia spesso vissuto dagli escursionisti in modo più complesso che l’intero tratto ferrato, tanto da rappresentare un ostacolo insormontabile. A inizio stagione non è raro trovare la cresta innevata.

Il panorama a 360° entusiasma. Si è nella cima più alta del Catinaccio e lo sguardo si arriva all’infinito. Dopo la proverbiale foto alla croce di vetta si può proseguire scendendo il tratto lungo la parete nord est. Questa via è leggermente più lunga di quella di salita, visto che termina poco sopra i 2500 m. Alcuni brevi tratti risultano senza corde, ma dove possono servire sono ben presenti. Vi è un passaggio di traverso che fa ricordare di essere su un percorso ferrato, dove la corda diventa veramente necessaria.

Scaletta in discesa

Scaletta in discesa

Dopo aver superato con un salto un’ultima gola che presenta ai lati arditi ghiaioni, si potrebbe pensare di essere arrivati; mancano ancora 150 m su terreno in forte pendenza e in parte sdrucciolevole, ancora assistito da corde. Finalmente si raggiunge la base della ferrata. A questo punto, se non si conosce la Val d’Antermoia si suggerisce di percorrerla fino al Rifugio Antermoia 2500m e poi scendere per la Val d’Udai e raggiungere Muncion, base di partenza

 

 

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Weekend fotografico al Rifugio Scarpa Gurekian

Nei giorni 24 e 25 ottobre ho condotto un workshop fotografico al Rifugio Scarpa Gurekian, gestito dall’amico Aron Lazzaro e Famiglia.

Il motivo del weekend era scoprire i colori dell’autunno.

Il meteo è stato ottimo, questo ha dato una bella carica di ottimismo e di voglia di cercare nuovi scorci e colori da catturare nelle nostre reflex.

Alba vissuta al Rifugio Scarpa

Alba vissuta al Rifugio Scarpa

Alcuni momenti sono stati veramente entusiasmanti.

Ho realizzato un video che presenta in breve i momenti più intensi vissuti il cui link è il seguente

https://vimeo.com/143550312 . Il video è in HD, caricato su Vimeo.com

Al mminuto 1′ esatto si vedono i pianeti Giove, Marte e Venere sorgere

Buona visione, e se vorrai esprimere un parere, mi farà piacere!

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